La cancel culture sta colpendo sempre di più il settore dell’editoria. È quanto emerge anche da un articolo del quotidiano The Economist, ripreso anche dal Foglio, che evidenzia come ultimamente gli editori britannici stiano compiendo sistematiche azioni di “censura volontaria” di libri ai quali viene negata la pubblicazione o la ristampa, per paura di “offendere qualcuno“. Sempre più opere vengono “messe a tacere” e lo confermano i due più recenti casi. Il primo con il libro “Time to Think” di Hannah Barnes nel quale venivano raccontati dettagli scioccanti sulla clinica per bambini transgender del Tavistock Center, che effettuava trattamenti ormonali irreversibili su minori ai quali veniva bloccato il processo di pubertà.



L’altro con i libri di Roald Dahl, scrittore per bambini, le cui opere, tra cui “La fabbrica di cioccolato“, sono state recentemente messe sotto accusa per essere “offensive” nei confronti della sensibilità di alcuni. Quindi ne sono state censurate alcune parti e modificate altre che contenevano parole come “brutto” e “grasso“. Con queste operazioni, come fa notare il quotidiano britannico, in nome del rispetto di una “morale conformista” e non dettata da alcuna imposizione, hanno anche perso il lavoro numerosi impiegati del settore. Altri sono stati invece “riciclati” e messi a controllare che nelle pubblicazioni non risultino parole o affermazioni “scomode“.



Cancel culture, Orwell aveva anticipato: “Censura dei libri sarebbe stata volontaria”

Una “cancel culture sempre più volontariamente imposta dagli editori, in nome del “non offendere” che si sta ripercuptendo su tutto il settore. I dati su molti prodotti che vengono rifiutati o messi in revisione dimostrerebbero che la censura è la maggior parte delle volte autoinflitta. Come d’altronde era stato già anticipato da George Orwell, che scrisse una riflessione introduttiva sul fatto che si aspettasse già il rifiuto, che prontamente arrivò per ben 22 volte, per “La fattoria degli animali“. Il celebre scrittore disse, che la sua satira sull’Unione Sovietica, evidentemente poteva offendere i più permalosi, soprattutto quelli che sapevano di avere “maiali come classe dirigente“.



La stessa “censura velata” che sta prendendo sempre più piede in Europa, nonostante il “rogo di libri” non sia stato ordinato da alcun governo nè imposto da nessuna legge, si procede alla sepoltura dei classici per evitare offese ad alcune minoranze che spingono per conformarsi ad una “facciata di felicità”.