Utilizzare sostanze psichedeliche, come ad esempio la psilocibina o l’ecstasy, per i disturbi psichici? Per ora a disposizione ci sono soltanto dati preliminari. A fare il punto sullo stato della ricerca è Il Corriere della Sera, dopo decenni di assenza di nuove e davvero significative scoperte nel settore della psicofarmacologia. Come riportato dal quotidiano di via Solferino, uno studio esplorativo realizzato da ricercatori del Centre for Psychedelic Research del Department of Brain Sciences dell’Imperial College di Londra, pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine, ha messo a confronto la psilocibina con l’escitalopram, un antidepressivo serotoninergico impirgato in clinica da diversi anni. Dallo studio è emersa un’efficacia di fatto sovrapponibile tra le due molecole, con i ricercatori portati a dire che “saranno necessari studi più lunghi e con un maggior numero di pazienti per la comparazione di efficacia tre la psilocibina e gli antidepressivi in uso“. Quello effettuato è infatti uno studio di fase 2, su una sessantina di pazienti affetti da depressione e divisi in due gruppi – uno trattato con psilocibina e uno con escitalopram per sei settimane, mentre entrambi ricevevano anche un supporto psicologico.



ECSTASY CONTRO DISTURBO POST-TRAUMATICO?

Sono decine gli studi clinici in corso sull’uso di psilocibina per il trattamento di vari disturbi: dalla dipendenza da alcol alla depressione, passando per diverse forme di cefalea e fino ad arrivare agli stati di ansia in pazienti oncologici; per il momento, però, non si uscirà dall’ambito della ricerca. Il motivo è che non sono pochi i timori connessi all’utilizzo anche solo terapeutico di sostanze psichedeliche, gravate da potenziali effetti collaterali non facilmente governabili: ad esempio il rischio di indurre di reazioni psicotiche in persone predisposte. La scienza, però, non sta concentrandosi unicamente sulle potenzialità terapeutiche della psilocibina. Uno studio la cui pubblicazione è in programma sulla rivista Nature Medicine, anticipato dal New York Times, ha esaminato l’efficacia della 3,4-metilenediossimetanfetamina. Un nome che forse dirà qualcosa di più con la sigla che la identifica come droga ricreativa: MDMA o Ecstasy. Lo studio ha valutato gli effetti della sostanza in persone che soffrivano di Disturbo post-traumatico da stress, ovvero esposte ad esperienze stressanti non comuni, come grandi catastrofi naturali, violenze personali, episodi di terrorismo, azioni di guerra. I risultati sembrano incoraggianti, visto che lo studio, realizzato su un centinaio di persone divise in due gruppi – uno riceveva il farmaco attivo, l’altro il placebo ed entrambi seguivano un trattamento psicoterapico – ha mostrato una significativa differenza di efficacia a favore dell’Ecstasy. Come riportato dal Corriere della Sera, Jennifer Mitchell, neuroscienziato della University of California di San Francisco, primo autore dello studio, ha detto che questa sostanza psichedelica avrebbe non solo un effetto “calmante“, ma per la prima volta sarebbe in grado di ridurre il dolore psichico che le persone sono solite provare quando vengono a galla i ricordi dell’evento traumatico che hanno vissuto. Si tratta, comunque, ancora di studi lontani dall’essere approvati. Saranno le agenzie regolatorie, FDA in testa, a valutare tutti i potenziali rischi dell’impiego terapeutico di sostanze ad alto rischio di abuso.

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