L’espansione del PIL ha perso slancio l’anno scorso e i dati di queste ore, secondo i quali nel quarto trimestre ci si è fermati a un +0,5%, lontano dal +1% che era stato indicato a giugno, non fanno altro che confermare questa tendenza, che trova riscontro anche nei numeri complessivi del settore delle costruzioni, dove gli investimenti hanno conosciuto una riduzione del 5,3%. Un livello non ancora preoccupante, spiega Flavio Monosilio, direttore del Centro studi ANCE, perché in termini assoluti il lavoro c’è e le imprese sono ancora impegnate. A sostenerle è soprattutto il PNRR, anche se non c’è più il superbonus. Già da ora, tuttavia, bisogna iniziare a programmare il futuro, per non arrivare al 2027, quando il PNRR non inciderà più, con un settore senza prospettive.
Il 2024 per il settore delle costruzioni si conclude con un dato negativo: cosa ci dice sull’andamento del comparto?
Il dato citato, che parla di un -5,3%, è relativo al livello complessivo di investimenti in tutti i comparti del settore, che sono tradizionalmente tre: residenziale, non residenziale e opere pubbliche.
Voci che naturalmente incidono in modo diverso sull’andamento complessivo?
Nell’ambito del residenziale la componente manutenzione straordinaria delle case stimiamo che sia calata del 22%. Si tratta di un comparto molto grande, che incide sulla riduzione del totale degli investimenti. Nello stesso tempo, tutto quello che non è residenziale, quindi uffici, centri commerciali, alberghi, ha avuto un andamento stazionario. Pesa di più, invece, l’aumento delle opere pubbliche, perché col PNRR hanno avuto un grande slancio.
Cosa ha determinato il calo delle manutenzioni?
Sono venuti meno gli incentivi molto generosi che con il Covid sono stati introdotti per la riqualificazione energetica e sismica degli edifici: nel 2024 il Superbonus 110% è stato di fatto cancellato. Noi avevamo fatto una previsione anche peggiore rispetto a ciò che poi si è verificato. Le successive modifiche alla normativa sugli incentivi hanno reso più conveniente anticipare certi interventi. Nel 2025 i livelli degli incentivi sono stati tutti ridotti: ci sarà veramente poco o nulla.
Quindi il settore della manutenzione delle abitazioni peggiorerà ancora?
Nel 2024-2025, e crediamo nel 2026, le costruzioni si manterranno sulla gamba delle opere pubbliche, grazie agli obiettivi PNRR che prevedono il pieno utilizzo delle risorse entro il 2026.
I dati dimostrano un aumento delle ore lavorate (+4,2%) e dei lavoratori iscritti alle Casse edili (+5,5%). Un dato in controtendenza rispetto a quello degli investimenti?
I dati che provengono dalle Casse edili parlano di un aumento, sempre nel 2024, del numero di ore lavorate e anche dei lavoratori. Il settore, quindi, sta tenendo. Si tratta, tuttavia, di dati che di per sé non sono sufficienti a descrivere tutto l’andamento degli investimenti nelle costruzioni, perché ci sono situazioni del mercato privato che sfuggono all’obbligo di denuncia in Cassa edile.
Il dato complessivo che fotografa il settore (-5,3%) è comunque negativo. Quanto preoccupa per il futuro delle imprese?
Siamo ancora su un livello di investimenti molto alto: tutte le imprese stanno lavorando molto e la flessione del 5,3% non è vista come un crollo del mercato. Il 2025 sarà un altro anno di flessione, ma il -7% previsto in realtà permetterà ancora di rimanere su livelli molto alti.
Sono comunque segnali negativi che a lungo andare lasciano preoccupati per gli anni a seguire?
Quando verrà meno il PNRR potrebbero sorgere problemi. Occorrerà intervenire prima. Le imprese ora sono impegnate nel portare a termine i lavori, per loro è un momento di realizzazione, non di programmazione. Lo si vede anche nell’attività dei Comuni: hanno aumentato le spese, ma i bandi di gara sono diminuiti. L’incognita è semmai per il futuro, per quello che succederà una volta che le imprese avranno finito i lavori.
In questo momento ciò che sostiene il mercato è il PNRR, ma sono state segnalate delle difficoltà, soprattutto nei pagamenti. Quanto hanno inciso?
Uno dei problemi, quello dell’arrivo dei soldi, è relativo in principal modo alla farraginosità della piattaforma Regis, creata per gestire tutte le risorse del PNRR. Lì, effettivamente, prima di trasferire le risorse bisognava inserire una serie di informazioni che spesso bloccavano la procedura e rendevano difficile il passaggio di denaro dalle amministrazioni centrali ai Comuni. Ora, però, i trasferimenti sono molto più veloci: questo problema tecnico, burocratico, è stato superato.
Ci sono, comunque, alcune opere che obiettivamente fanno più fatica ad essere realizzate. Un ostacolo che si può superare?
È fisiologico. Le opere più grandi, che hanno bisogno di tempi più lunghi, possono essere molto problematiche anche dal punto di vista del tracciato. Le opere di grandi dimensioni nascondono mille insidie. L’anno scorso abbiamo visto un grande impegno da parte di tutti: delle imprese, delle amministrazioni (in particolare i Comuni), di RFI per quanto riguarda le ferrovie. Poi è chiaro che alcune difficoltà permangono. Il governo è già intervenuto, annunciando che riprogrammerà alcune opere che non faranno in tempo a essere realizzate.
Tornando alle manutenzioni, senza il Superbonus il settore ce la fa lo stesso?
Il Superbonus è stato un grandissimo booster: ha spinto persone che non avevano intenzione di fare lavori a eseguirli e ha introdotto una grande attenzione agli aspetti dell’efficienza energetica. La grande diffusione di interventi ha fatto sì che il passaparola abbia funzionato, mostrando quanto è possibile ridurre la spesa per l’energia. Se a Milano, ma anche a Firenze o a Roma, faccio interventi di efficientamento energetico, mediamente riduco di oltre la metà, ma anche di più, la spesa del riscaldamento. Questo ha spinto molti a interrogarsi su questi lavori. Nel 2017-2018 si eseguivano 3mila interventi ogni anno su interi condomini per l’efficientamento energetico, ora in tre anni ne sono stati eseguiti 500mila.
In sintesi, comunque, non c’è una preoccupazione sul breve termine, ma una necessità di programmare sul lungo termine per non arrivare impreparati al 2027, quando finirà anche l’effetto del PNRR. Qual è, allora, la direzione da seguire per sostenere il comparto?
Abbiamo identificato tre grandi filoni. Uno è quello della tutela del territorio in senso ampio. I cambiamenti climatici stanno amplificando le richieste e le necessità di intervenire su tutto il ciclo delle acque, la protezione dei centri abitati, tutto quello che riguarda le infrastrutture a tutela e a difesa del territorio. Un altro grande filone è quello della riqualificazione energetica degli edifici, che discende da una direttiva europea, la cosiddetta direttiva case green, che ha obiettivi molto ambiziosi. Il terzo filone è quello dell’housing per le famiglie. Si nota sempre di più una distanza tra i canoni di locazione o i prezzi d’acquisto e i redditi delle persone. È sempre più difficile trovare casa. C’è una domanda molto forte di abitazioni, ma un’offerta che spesso non si incontra con questa domanda. Su queste direttrici il governo dovrebbe programmare il futuro.
Il settore delle costruzioni sarà in grado di rispondere a queste nuove esigenze?
Adesso le imprese sono strutturate e pronte. Se dal 2027 si partirà con programmi seri e di lungo periodo, il settore delle costruzioni potrà dare un grande aiuto anche in termini di efficienza.
(Paolo Rossetti)
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