In libreria è disponibile il suo nuovo libro, “Lettera alla madre”, Edith Bruck ha ripercorso la sua storia ai microfoni di Oggi è un altro giorno. La scrittrice ha ricordato la tragica esperienza nei lager nazisti, dove fu uccisa la madre: “Mia madre venne uccisa in un campo di concentramento, dove fui portata anche io. Io abitavo in un piccolo villaggio ungherese“.



Edith Bruck ha spiegato che dopo cinque settimane nel ghetto furono trasferiti nel campo di concentramento di Auschwitz. Lei e la madre furono separate all’arrivo al lager: “Ci buttarono verso il gruppo diretto alla camera a gas. A me un tedesco sussurrò di andare in un’altra direzione e mi salvarono la vita. Non rividi più mia madre da quel momento, né io né mia sorella. Noi andammo ai lavori forzati“. Edith Bruck ha poi proseguito il suo drammatico racconto: “Le donne erano mille volte più forti degli uomini perchè hanno inventato qualsiasi cosa per non essere selezionate per morire. Io non avevo paura, avevo il terrore. E non si supera. Invochi la vita ogni secondo, ti rendi conto in quelle circostanze quanto sia importante la vita. Capisci quanto sia importante un’ombra di pane, cosa che oggi i ragazzi non sanno”. (Aggiornamento di MB)



Edith Bruck sopravvissuta alla deportazione

La scrittrice Edith Bruck è nata a Tiszabercel, in Ungheria, nel 1931 in una povera, numerosa famiglia ebrea. “La mia infanzia è stata molto povera, vissuta in una piccola casa dal tetto di paglia, che poi io e mia sorella, con l’aiuto di nostro padre e di uno zingaro, abbiamo ricostruito con le nostre mani. La povertà mi ha dato molta forza e molta resistenza. Abituarsi alle proibizioni credo sia stato, per la prima volta nella mia vita, paradossalmente un vantaggio. Un’infanzia vissuta inoltre in un clima di forte antisemitismo”, ha raccontato in una lunga intervista a La Voce di New York. Nell’aprile del 1944 viene condotta, insieme alla sua famiglia, nel ghetto di Sátoraljaújhely, dove restano per 5 settimane. Da lì viene portata ad Auschwitz, poi in altri campi di concentramento tedeschi: a Kaufering, Landsberg, Dachau, Christianstadt e, per due volte, a Bergen-Belsen.

Edith Bruck: l’Italia e la carriera di scrittrice

Sopravvissuta alla deportazione, dopo anni di pellegrinaggio (Israele, Grecia, Svizzera) Edith Bruck approda definitivamente in Italia nel 1954, adottandone la lingua italiana. Nel 1959 esce il suo primo libro “Chi ti ama così”, un’autobiografia che ha per tappe l’infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti “Andremo in città”, da cui il marito Nelo Risi trae l’omonimo film. È traduttrice tra gli altri di Attila József e Miklós Radnóti. Nel 2021 è stata insignita del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. “Bisogna cercare di far capire che nel buio c’è sempre un’ombra di luce… Io sono stata deportata a 13 anni, eppure vedevo sempre un gesto di comprensione, qualcuno che mi chiedeva come ti chiami, un altro che mi regalava un guanto o un po’ di marmellata”, ha ricordato Edith Bruck in una recente intervista sul Corriere della Sera, parlando della guerra in Ucraina.