Che cosa hanno in comune le esperienze raccontate negli articoli della sezione SCIENZ@SCUOLA? Quali tratti comuni emergono dalle descrizioni di percorsi e attività svolte ai vari livelli scolastici e nella diversità degli ambiti disciplinari?

Per esempio, in questo numero viene presentato un percorso svolto in una classe prima primaria dove l’osservazione diretta dei bachi da seta ha permesso di accorgersi delle trasformazioni che avvengono nei viventi; qui «la curiosità degli alunni ha attivato un atteggiamento di ricerca in cui si intrecciavano in modo ciclico: attesa, stupore, domande, esperimenti, conoscenza».



In un Istituto Tecnico, un singolare lavoro sull’evoluzione del giardino nella storia ha visto la collaborazione tra docenti dell’area letteraria e dell’area tecnica e ha offerto agli studenti l’opportunità di introdursi alla ricerca storica attraverso fonti letterarie e iconografiche per poi affrontare le analisi preliminari relative alle aree di progetto e il disegno fino alla realizzazione pratica; il tutto in un’esperienza culturale unitaria e coinvolgente.

Sempre in tema di rapporto uomo-Natura un progetto di educazione ambientale – vincitore tra l’altro di un Premio internazionale – ha mostrato i limiti di un approccio basato solo sulle discipline STEM e l’importanza dell’apporto degli studi umanistici ambientali, mettendo in evidenza la ricchezza, sul piano conoscitivo ma soprattutto su quello formativo, del dialogo tra diversi ambiti e metodi di ricerca.

In un’area molto diversa, quella fisico-chimica, un percorso comune realizzato con l’insegnante di matematica ha consentito di rispondere a una richiesta spontanea degli studenti di una quarta scientifico impegnati nella comprensione del concetto di entropia e in difficoltà a mettere in relazione il livello macroscopico con quello microscopico: un approccio statistico è risultato particolarmente efficace, in un itinerario concettuale che ha integrato calcolo combinatorio, probabilità, termodinamica e quantistica.

Questi esempi, e tanti altri nei numeri precedenti, mostrano nel suo attuarsi la prospettiva indicata dal filosofo dell’educazione Gert J. J. Biesta e sviluppata nel suo saggio Riscoprire l’insegnamento (recensito in questo numero). Quello che accomuna le esperienze descritte è appunto la scoperta continua dell’insegnamento, in controtendenza con l’indirizzo prevalente che vorrebbe diluirlo e ridurlo a una attività di addestramento e di semplice organizzazione del lavoro degli studenti o al più alla trasmissione di contenuti e procedure allo scopo di far acquisire competenze misurabili. Biesta ha coniato l’espressione learnification, termine intraducibile per indicare un’attività scolastica – e una politica dell’istruzione – che ha come principale obiettivo l’apprendimento: la qualità di un sistema scolastico e il valore dell’insegnamento vengono valutati in riferimento a quell’unico obiettivo e tutta l’attenzione è concentrata sulla misura delle performance, sia degli studenti sia dei docenti.

Questa «svolta verso l’apprendimento a scapito dell’educazione» – nota il filosofo olandese – è ormai entrata nel sentire comune ed è ritenuta inevitabile. Laddove insegnamento e apprendimento sono disinseriti da un orizzonte educativo, il lavoro scolastico tende ad assumere un carattere prevalentemente addestrativo; ciò è ancor più accentuato nel caso delle discipline scientifiche, spesso penalizzate da una visione riduttiva che porta a non riconoscerne la portata culturale e a sottovalutare la valenza educativa del loro insegnamento.

 

Mario Gargantini
(Direttore di Emmeciquadro)

 

© Pubblicato sul n° 85 di Emmeciquadro