Recentemente tre associazioni hanno deciso di citare il governo della Francia in tribunale per una scorretta applicazione della legge sull’educazione sessuale. Emanata nel 2001, infatti, la legge prevede l’istituzione di almeno tre lezioni annuali in tutte le scuole, gli istituti e i licei della nazione, al fine di stimolare un pensiero critico sulla sessualità, che sia inclusivo e comprensivo. Le associazioni, tuttavia, ritengono che in tutto lo stato siano pochissimi gli studenti ad aver effettivamente intrapreso e completato tutto il percorso di educazione sessuale previsto dalla legge, ritenendo che diversamente si avrebbe anche un effetto importante sui reati nei confronti delle persone LGBT.



Francia in tribunale: “Educazione sessuale solo per il 15% degli studenti”

In generale, insomma, sembra che le associazioni siano intenzionate a citare in tribunale il governo della Francia proprio perché quella legge sull’educazione sessuale non sarebbe correttamente applicata. La corretta applicazione delle leggi, soprattutto di quel carattere, infatti, è una circostanza che spetta al Governo vegliare, ed è importante “far riconoscere allo Stato le sue responsabilità“, spiega il quotidiano francese Le Monde, citando le associazioni che hanno denunciato lo stato.



Solamente il 15% degli scolari elementari e meno del 20% alle medie e superiori, sostengono le associazioni, hanno ricevuto l’educazione sessuale prevista dalla legge. “La violenza sessista e sessuale”, spiega Sarah Durocher, presidentessa di una delle associazioni, “così come gli attacchi alle persone LGBT, potrebbero essere evitati se questa legge fosse pienamente applicata“. Infatti, spiega il quotidiano francese, seppur la legge sull’educazione sessuale sia stata approvata nel 2001, ogni anno è stata arricchita ad allungata con nuovi principi ed ideali, che tuttavia sarebbero rimasti esclusivamente sulla carta. Secondo Durocher, la lezioni fornirebbero “competenze psicosociali essenziali per sviluppare l’autonomia, la fiducia in se stessi, l’empatia degli studenti e relazioni sane ed equilibrate con gli altri”. “Dobbiamo mettere in atto una politica interministeriale e sostenibile“, spiega invece Lucile Jomat, presidentessa di un’altra associazione, “il finanziamento di una simile strategia di prevenzione rappresenta una cifra ridicola per il bilancio dello Stato”, chiedendo nuovi interventi più inclusivi.

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