Il percorso di costruzione dell’identità adulta è da sempre un’avventura rischiosa, con scarse garanzie e una posta in gioco decisiva: il futuro del singolo (potremmo dire la sua felicità) e il futuro dell’intera comunità. Senza nessuno a cui consegnare il proprio futuro rimangono poche ragioni anche per il presente, come ben documenta la narrazione dei Figli degli uomini, romanzo e film (libro di Phyllis D. James del 1992, film di Alfonso Cuarón del 2006) in cui non nascono più bambini, e proprio per questo il mondo è sprofondato nella guerra civile, nella dittatura, nell’autodistruzione. Interrogarsi su “ragazzi perduti e ritrovati” significa quindi riflettere sul destino non solo di una generazione in difficoltà, ma anche su quello di un intero popolo.



L’avventura educativa – far crescere un cucciolo d’uomo fino a farlo diventare adulto, il più possibile autonomo – ha affrontato in ogni epoca storica sfide specifiche, molto diverse nei vari momenti storici e nei vari contesti geografici, ma sempre complesse e difficili: a fine Ottocento (nel 1886, poi migliorata nel 1902) in Italia è stato necessario approvare una legge che proibiva il lavoro minorile (sotto i 9 anni e divieto di turni notturni!), mentre oggi abbiamo protocolli, norme e procedure contro il cyberbullismo o contro la pedopornografia. Però non dimentichiamo che anche oggi, in tante parti del mondo, bambini e ragazzi stanno lavorando sotto sfruttamento, senza diritti, in condizioni estreme.



Una dimensione comune rimane, però, in ogni epoca storica e ad ogni latitudine: il fatto che l’educazione sia una sfida congiunta tra famiglia e società. Con pesi e forme diverse, con efficacia ed impegno variabili nel tempo e nei luoghi, ma sempre un bambino è in primo luogo affidato a chi lo mette al mondo, ma insieme “per educare un bambino serve un intero villaggio”. Potremmo anche dire che l’educazione del bambino è il primo banco di prova della sussidiarietà tra famiglia e società, intesa come un giusto equilibrio tra la centralità delle relazioni primarie di cura che si sperimentano in famiglia e il doveroso sostegno che la società deve attribuire ai nuovi nati: perché ogni nuovo nato, oltre che una libera scelta d’amore dei genitori, è anche un bene dell’intera società.



Nondimeno il percorso di crescita della persona è lungo e mutevole, e non sempre genitori e società sono in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni di senso, di sostegno, di autonomia e insieme di appartenenza che ogni persona esprime nel corso degli anni, soprattutto nell’adolescenza. Del resto lo spazio dell’educazione è anche uno spazio di personalizzazione, dove ogni bambino, fin dalla primissima età, ha un compito da svolgere, uno spazio da riempire, una soggettività da esprimere, un reale da esplorare, che interagisce in modo unico ed imprevedibile sia con le competenze e gli stili genitoriali, sia con le aspettative e gli input che la società offre. Ma oggi, nella nostra società, questa dinamica appare spesso bloccata e contraddittoria, e molti nostri ragazzi faticano molto più del previsto, nel complesso viaggio verso la vita adulta, sentendosi spesso “fuori dal gioco” e inadeguati: sbagliati loro, o sbagliati gli adulti che stanno (o non stanno) di fianco a loro? Incompiuti o traditi? Servirebbe molto spazio per costruire uno scenario completo: però possiamo sintetizzare qui alcune delle possibili criticità che rischiano di inceppare quel necessario meccanismo circolare in cui la libertà della persona deve interagire con i legami familiari e con le relazioni sociali.

Dal punto di vista della famiglia, i ragazzi di oggi sono immersi in una cultura delle relazioni familiari che privilegia prima di tutto autonomia e individualismo: Pierpaolo Donati la chiama “società post-familiare” (Rapporto Cisf 2020), e la descrive come una cultura delle relazioni deboli, in cui gli altri sono interferenze alla mia libertà, limiti alla mia autorealizzazione, e così, anche in famiglia, le relazioni non sono la promessa di cura reciproca che si fa la Compagnia dell’Anello di Tolkien, ma sono al massimo una compresenza debole, senza pretesa sull’altro e con un impegno sempre minore nella cura e nella responsabilità educativa. Troppi figli si trovano così davanti genitori pallidi, che non si impegnano in quel necessario corpo a corpo che è la relazione educativa, in cui il genitore mette tutto se stesso nella lotta con la libertà del figlio. Resta piuttosto un’idea di libertà senza vincoli, che lascia un figlio senza maestri, senza guide, senza valori con cui confrontarsi, con cui magari combattere. Ma se neanche mio padre o mia madre combatte con me, con chi posso mettermi alla prova? Potremmo dire che manca la cura della relazione: oppure che è illusorio pensare all’educazione senza prendersi cura dell’altro.

La società, dal canto proprio, mette sui giovani pesi spesso insostenibili. Da un lato propone modelli performativi e di successo, spesso spersonalizzati e digitalizzati (non quanti amici ho, ma quanti like ricevo con i miei post o con i miei video…); dall’altro, scarica sulle nuove generazioni ansia, angoscia e incertezza sul futuro, che peraltro sono “ragionevolmente confermati” dalla situazione mondiale, dove guerre ed emergenza climatica dominano la scena raccontando di un futuro impossibile. Magari pochi dei nostri ragazzi hanno usato questa parola, ma sono ben consapevoli di vivere in Italia un mondo che è in crisi permanente, in “permacrisi” (parola inserita come nuova nel Dizionario Collins nel 2022, e usata anche, ad aprile di quell’anno, da Christine Lagarde, allora presidente della BCE): un periodo di crisi ricorrente, a distanza sempre più ravvicinata.

Ai ragazzi di oggi rimane l’idea di una società in cui è in atto uno scontro generazionale: o peggio, di un mondo spremuto a tal punto dagli adulti e dagli anziani di oggi che non ne resterà poi granché, da spremere, quando arriveranno loro. Del resto dopo la pandemia il 49,4% dei ragazzi tra 18 e 25 anni ha sofferto di ansia e depressione (Indagine Censis, 2022), in misura molto maggiore rispetto a tutte le altre fasce di età, e sarebbe illusorio pensare che una volta passata l’emergenza sanitaria anche queste sofferenze psicologiche siano passate una volta per tutte.

Di cosa hanno bisogno, allora, oggi, i nostri ragazzi, per non sentirsi traditi? Certamente ci vorrebbero politiche più mirate, una maggiore attenzione a scuola e lavoro, una diversa gestione dei tempi e degli spazi delle città, una più semplice transizione abitativa fuori delle case dei propri genitori, che rimangono per ora i soli “rifugi sicuri in un mondo senza cuore”. Ma sicuramente ai nostri ragazzi servono speranza, fiducia e spazi di responsabilità e protagonismo: e soprattutto servono legami di senso, adulti e contesti in cui e da cui sentirsi accolti, ascoltati e non giudicati: in una parola, “guardàti”. In effetti in una indagine nelle scuole superiori (Mi guardate?, anno scolastico 2023-2024) il 71% degli studenti afferma di provare un disagio, mentre solo il 31% dei genitori lo rileva nei propri figli. I docenti a loro volta lo rilevano nel 100% dei casi (più ancora degli studenti).

La causa per gli studenti è la famiglia in oltre un quarto dei casi, ma anche la scuola in altrettanti i casi. Il 39% dei genitori sostiene che la colpa è della scuola, il 37% degli insegnati dice che la colpa è della famiglia. E in questo rimpallo di responsabilità tra gli adulti, lo sguardo ai ragazzi dov’è?

Insomma: serviranno risorse, servizi, sostegni pubblici, ma servono soprattutto relazioni solide: perché “le relazioni sociali sono come la luce. Noi non vediamo la luce, vediamo con la luce e mediante la luce. Senza la luce non vediamo nulla. Così è per le relazioni. Di per sé le relazioni sono invisibili e immateriali, come la luce, ma sono la realtà che ci fa vedere gli altri e il mondo. Senza le relazioni saremmo tutti delle monadi isolate, esseri senza finestre sul mondo. Dunque noi vediamo con le relazioni e attraverso le relazioni” (Pierpaolo Donati, Studi Cattolici, n. 760, giugno 2024).

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI