Il governatore della Banca d’Italia Draghi è tornato a parlare dell’istruzione come fattore fondamentale per rilanciare lo sviluppo italiano. Ancor una volta ha messo in luce che il problema non sta nelle “risorse scarse per studente destinate all’istruzione scolastica che sono invece più elevate in Italia che nella media degli altri paesi europei”, quanto nei “circoli viziosi che la penalizzano”. Uno di questi circoli viziosi è senz’altro la mancanza di libertà di educazione che caratterizza una parte della classe insegnate italiana. Un clamoroso episodio avvenuto a Modena riporta alla ribalta questo tema.
Un gruppo di studenti milanesi, aiutato dai professori dell’Associazione di aiuto allo studio Portofranco , aveva realizzato una mostra dal titolo “Budapest 1956. Una battaglia per la libertà” sulla vicenda del popolo ungherese che, per amore della libertà, si ribellò al regime totalitario. All’inizio di quest’anno, la mostra è stata ospitata a Milano da diverse scuole ed è stata molto apprezzata da docenti e studenti. Alcuni studenti del Liceo Classico “Muratori” di Modena hanno proposto di esporla nella loro scuola. Il collegio dei docenti nega il permesso con la seguente motivazione: “il taglio unilaterale, l’enfasi posta su termini come “libertà” e “popolo” impediscono il formarsi di uno spirito critico e, quindi, della capacità di cogliere la complessità dei problemi”. Gli studenti, invocando invano un libero confronto sull’argomento, informano studenti e professori delle scuole modenesi dell’accaduto e li invitano a firmare una petizione popolare. La petizione raccoglie 1000 firme in due giorni.
Mentre la stampa pubblica articoli e dichiarazioni sulla vicenda, alcuni docenti accusano i ragazzi di attentare alla loro professionalità e di strumentalizzare la vicenda. I ragazzi decidono di realizzare un libretto con i contenuti della mostra e lo vendono ai compagni, dando la possibilità di giudicare di persona ciò che è stato negato.
Dopo aver esposto la mostra alla manifestazione studentesca “Festa della Creatività”, il 25 maggio i ragazzi organizzano un incontro pubblico in cui, attraverso il racconto di alcuni testimoni, vedono “riaccadere” quei fatti di Budapest del ‘56, cogliendone il dramma e il fascino. Dopo l’incontro viene lanciato un “Appello sulla libertà nella scuola” indirizzato alla cittadinanza e al mondo della cultura.
La vicenda è ancora in corso e suscita tante domande. Che sarà dell’autonomia scolastica se le maggioranze mortificheranno il diritto alla conoscenza delle minoranze? Che qualità si può sperare per la scuola, se dopo aver deprecato bullismo e violenze si mortifica chi si impegna umanamente e culturalmente? Perché la scuola sia di qualità, come auspica giustamente il governatore Draghi, occorre che i muri cadano anche in certe coscienze.

© Il Giornale

 

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