La notizia è che la Cisl potrebbe rinunciare «volentieri» allo sciopero generale sulla scuola «alla condizione che il governo convochi noi e gli enti locali per discutere come si riorganizza la scuola». Così parlò il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Che aggiunge: «Siamo per la riforma della scuola di popolo, perché i lavoratori non possono mandare i figli alle scuole private…».



Il fatto è che Bonanni sta, questa volta, tra l’incudine e il martello (con falce!). Da una parte, le maestre si sentono, non a torto, minacciate dal ritorno al “maestro unico”. E tra le maestre la CISL è egemone dal dopoguerra. Perciò vogliono lo sciopero. Dall’altra parte, la CGIL, che in questi anni ha eroso il consenso cislino nel pubblico impiego e nella scuola, rischia non soltanto di prendere la guida del treno, che sta correndo ormai senza freni verso lo sciopero generale, ma soprattutto di andare a raccogliere i frutti dell’albero scosso vigorosamente dalle maestre. Donde la richiesta di Bonanni al governo, affinché fornisca pietosamente qualche ciambella di salvataggio: un incontro, una rinegoziazione, un emendamento che faccia saltare il “maestro unico” o che diluisca la medicina amara imposta da Tremonti, magari distribuendo su sei anni invece che su tre gli effetti del Decreto Gelmini.



La tattica non è nuova: opposizione frontale all’annuncio dei provvedimenti e poi ricerca estenuante di mediazioni, tavoli, trattative, incontri che facciano sostanzialmente fallire ogni tentativo di porre mano seriamente al collasso ormai annunciato del sistema statale di istruzione. E’ una tattica che ha avuto successo finora. Gli effetti sono lì da vedere: nessuna riforma negli ultimi dodici anni è andata a regime. Qualche annuncio, qualche lampo, qualche spezzone, ma nulla di irreversibile.

Intanto “la scuola del popolo”, che doveva essere garantita dal suo carattere statale, ha cessato da tempo di essere “al servizio del popolo”. Chi è svantaggiato per ragioni sociali tale rimane; chi è avvantaggiato dalla lotteria della vita, lo è, a prescindere dagli insuccessi scolastici. Per quanto Bonanni improvvisi dei giri di valzer per sganciarsi dall’egemonia CGIL incombente, non riesce a farlo, perché ne condivide appieno il pregiudizio ideologico: la scuola di stato garantisce eguaglianza e successo formativo, la scuola privata è per i ricchi. La realtà è l’opposto: la scuola pubblica statale non aiuta più il popolo, la scuola pubblica paritaria si produce in sforzi immani e gratuiti per fare largo ai figli del popolo. Come si vede: la tattica è povera, il discorso culturale è poverissimo. Il sindacato si conferma come la forza più ostinatamente conservatrice di questo Paese. Il popolo va da un’altra parte.