Senatrice Garavaglia, nonostante il clima di scontro dell’ultimo periodo, la scuola è e deve rimanere un banco di prova per un vero riformismo. Archiviata la manifestazione di sabato, è ora possibile ripartire per trovare punti di accordo tra maggioranza e opposizione?

Purtroppo il tema dell’incontro è stato impedito da come è stata posta da parte del governo la soluzione ai problemi della scuola. Quando il ministro Gelmini ha tenuto la sua prima audizione alle commissioni parlamentari, io mi sono lasciata andare ad espressioni di apprezzamento, indicando che si poteva prospettare un grande lavoro comune per il rilancio del nostro sistema scolastico. Poi, l’estate scorsa, è arrivato il decreto finanziario, in cui, prendere o lasciare, ci sono stati una serie di articoli a nostro modo di vedere tremendi, che mettono la scuola in ginocchio. Anche su questo noi abbiamo detto che avremmo lavorato in comune, cercando delle soluzioni in parlamento, anche perché sappiamo che l’Istruzione, come è successo anche nelle precedenti legislature, si trova in difficoltà a far valere di fronte al ministero dell’Economia le proprie ragioni.



Ma il dialogo può ripartire?

Io ribadisco che è un grande dolore il fatto che non si sia ancora trovata un’intesa, perché la scuola non può essere un terreno di scontro; dovrebbe invece essere argomento di dibattito, e su questo io sono disposta in ogni momento a ricominciare da capo. Ma se non c’è dibattito parlamentare e non c’è la possibilità di introdurre emendamenti, allora non ci può essere dialogo. Noi comunque non cambiamo parere, e aspettiamo che il governo apra una discussione, perché abbiamo idee che possono servire.



Un tema fondamentale, su cui si possono trovare convergenze tra maggioranza e una parte dell’opposizione, è la difesa della parità scolastica. Si teme però che in finanziaria possano essere previsti tagli, e c’è chi già protesta all’interno della maggioranza: cosa fare su questo terreno?

Io tengo alla scuola paritaria, come scuola che svolge un’importante funzione pubblica, da cui lo Stato non deve ritrarsi. Se la scuola paritaria risponde ai requisiti che le consentono di svolgere questa funzione, allora deve essere aiutata e sostenuta; e naturalmente è meglio aiutare il non profit che il profit. Noi, naturalmente, diciamo anche che la scuola deve essere valutata; quindi non è la scuola dei cosiddetti diplomifici che deve esser aiutata, bensì la scuola paritaria rappresentata dai tanti istituti seri che svolgono un lavoro di grande valore. Ad esempio, le scuole costituite da cooperative di genitori, così come la gran parte delle scuole cattoliche non sono diplomifici, e si inseriscono a pieno titolo in quelle realtà che svolgono una grande e utile funzione pubblica. Direi anche che il finanziamento, decretato con criteri rigorosi, può essere utile per distinguere e creare una selezione tra scuole che hanno valore e quelle che non l’hanno.



In effetti la difesa della parità ha un vero e proprio valore culturale, di cui può giovare l’intero sistema scolastico, non solo le scuole private.

Faccio un parallelo con la sanità, di cui mi sono a lungi occupata: nel campo sanitario il privato accreditato entra nella programmazione pubblica e corrisponde a criteri su cui il pubblico opera un controllo. Questo sistema misto pubblico-privato, basato sul criterio fondamentale dell’accreditamento, crea un bene per tutti. Motivo per cui non ci devono essere assolutamente disparità di trattamento, perché tutte le realtà che, in forme diverse, rientrano in questo sistema creano un bene per tutti.

La parità si colloca comunque sulla scia del più ampio discorso dell’autonomia; si parla anche della trasformazione della governance delle scuole, con il passaggio a fondazioni, come previsto ad esempio dal ddl Aprea: cosa ne pensa?

La scelta sta diventando difficile, perché se i tagli continuano la scelta della fondazione sarà solo una scappatoia per trovare fondi privati. Scuola e università sono un patrimonio di tutti, e soprattutto in momenti di crisi come questo è sbagliato pensare che l’affluenza di fondi da parte del privato possa essere un’ancora di salvezza per la scuola e l’università. Il ddl Aprea rimane comunque un progetto positivo; diciamo però che se si garantisce parità e autonomia vera, non è lo stato giuridico che conta. L’importante è guardare alla scuola come sede dell’autonomia e della libera scelta per le famiglie. Se garantisco l’autonomia e un budget da gestire, poi ogni scuola costruisce la propria risposta formativa, tenendo conto delle esigenze del territorio e della personalizzazione dei progetti educativi.

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