Le scuole paritarie primarie e dell’infanzia hanno saputo solo in questi giorni che non potranno disporre dell’anticipo dei contributi spettanti per l’anno scolastico 2008/2009, già stanziati dal Bilancio 2008 e già assegnati dal Ministero dell’Istruzione. Interpellate, le Direzioni scolastiche regionali, che devono provvedere a erogare le somme ai destinatari, hanno comunicato che le casse sono vuote. E’ del tutto inusuale che fondi già stanziati vengano bloccati brutalmente. Si tratta di soldi che servono alle scuole per vivere ogni giorno, soldi di prima necessità. Non si riusciranno a pagare le tredicesime agli insegnanti. La ragione è che il ministero delle Finanze ha bloccato i fondi, almeno finché non sia terminata la sessione di Bilancio.
Poiché la sessione di Bilancio è cominciata da quando è stata approvata formalmente la Legge finanziaria da parte del Consiglio dei Ministri, ci si chiede perché il ministro dell’Istruzione e il suo apparato non si siano accorti da subito dello scippo o, peggio, abbiano finto di non vederlo o, peggio ancora, abbiano, per disattenzione e sciatteria, trascurato “il particolare”.
Su questo è dunque lecito porre alcune domande:
Il programma di governo del centrodestra non aveva, tra i suoi punti cardine, la libertà educativa? Le promesse elettorali sono dunque carta straccia?
Il Governo non si era impegnato a provvedere all’introduzione di una effettiva libertà di scelta da parte delle famiglie, dopo l’approvazione dell’ordine del giorno presentato il 9 ottobre proprio su questo tema?
Il sottosegretario all’Economia Giuseppe Vegas non ha forse garantito ufficialmente che «i finanziamenti pubblici per le scuole paritarie verranno assicurati dell’ammontare necessario a garantirne il funzionamento a pieno regime?»
Non si era detto (ilsussidiario.net, 11 novembre 2008) che sarebbe stato discusso e votato un altro ordine del giorno che, oltre a chiedere i fondi per gli istituti di istruzione non statali, avrebbe posto anche la questione della piena e totale parità scolastica da raggiungere entro la fine della legislatura?
Non preoccupa nessuno il fatto che possano chiudere le scuole paritarie, con conseguente trasferimento di tutti gli alunni alle statali, dove il costo è dieci volte superiore?
Quale che sia la risposta a queste domande, emerge con tutta evidenza un dato culturale e perciò politico di prima grandezza: che i temi dell’istruzione e dell’educazione non sono al primo posto nell’agenda del governo. Mentre si buttano milioni di euro in improbabili salvataggi di carrozzoni clientelari, quali l’Alitalia, in nome della lisa retorica della compagnia di bandiera nazionale, non si provvede alle necessità essenziali della Nazione. L’educazione è l’ossigeno del paese, è il respiro delle giovani generazioni. Non è un optional. Possiamo stringere la cinghia su tutto, risparmiare, razionalizzare, ma non morire.
Resta da constatare malinconicamente il divario tra le promesse e la realtà effettuale. Non è la prima volta. Le promesse, si sa, generano consenso, quanto più sono rutilanti e multicolori. Ma quando i fuochi d’artificio si spengono nel buio, anche il consenso ne condivide il destino.