Grande «soddisfazione per il lavoro svolto dalla Commissione e per la comunione d’intenti evidenziata dalla maggioranza»: così Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura della Camera, commenta l’approvazione del parere positivo sul Piano programmatico approntato dal governo per dare attuazione alle norme contenute nel decreto Gelmini. Almeno una certezza, dopo mesi di scontri e di polemiche.



Presidente Aprea, prima di parlare del Piano Gelmini, è d’obbligo fermarsi ancora a riflettere sul tragico fatto di Rivoli: gli italiani chiedono più sicurezza negli istituti scolastici. Cosa risponde?

Sul tema della sicurezza esistono le leggi e i canali di finanziamento: il problema, ed è ciò che frena tutto, è la politica delle proroghe, dei rinvii, e la farraginosità delle procedure. Basti, a tal proposito, ricordare che la legge 626, legge madre per quanto riguarda la sicurezza in tutti i posti di lavoro e approvata nel 1994, non è mai stata attuata a pieno proprio perché ogni anno interviene una nuova proroga di autotutela dello Stato per i luoghi pubblici, scuole comprese. L’ultima di queste proroghe risale all’ultima Finanziaria, con un rinvio al 31 dicembre 2009.



Sta continuando questa politica dei rinvii, o si vede qualcosa di nuovo su questo fronte?

C’è stato un altro esempio recente di rinvio: quello che riguarda la legge 133 che prevedeva il ridimensionamento dei plessi, e su cui è stata concordata una proroga all’anno 2.010-2.011 in conferenza unificata. Anche questo è un problema di sicurezza: avere 42 mila scuole comporta un enorme impegno di spesa e di cura, mentre il fatto di riuscire a concentrare gli alunni in scuole più grandi non riduce solo i costi di un servizio troppo oneroso, ma permette anche di concentrare meglio lo sforzo dal punto di vista della sicurezza.



Ci sono stati altri eventi in passato che hanno messo in luce l’importanza di investire sul problema sicurezza. Non è proprio cambiato nulla?

Proprio sull’onda dei tragici fatti di San Giuliano del 2002, ad esempio, il governo Berlusconi, con il ministro Moratti, decise una svolta epocale in materia di edilizia scolastica, comprendendo gli interventi sulle scuole tra i piani delle infrastrutture, riconoscendo quindi la scuola stessa come infrastruttura strategica. Fu stabilito un piano straordinario, con particolare riguardo alle scuole a rischio sismico. Ma anche su questo è intervenuto lo stesso problema: sono stati destinati 4 miliardi di euro, ma da allora sono stati avviati solo i primi due piani stralcio, rispettivamente di 194 e di 301 milioni di euro, e alla luce delle procedure si parla ancora di piani in corso d’opera. Nel migliore dei casi queste realizzazioni sono state appena iniziate.

E di chi è la colpa?

La colpa, ancora una volta, è della politica delle proroghe e dei rinvii: c’è un immobilismo che domina le scelte di natura amministrativa. Anche quando la politica decide, c’è poi una fase attuativa che di fatto impedisce che qualcosa cambi, in modo gattopardesco. Negli anni ’90 abbiamo avuto tre leggi ineccepibili: la legge 626, la legge 23 del ’96, che aveva istituito l’anagrafe degli edifici scolastici (ma forse avremo la fotografia delle scuole solo in questi giorni, nel 2008!), e terza la legge Bassanini del ’98. Queste leggi hanno dato avvio a una serie di assegnazioni di fondi, accordi, convenzioni: però di fatto le opere sono iniziate in qualche caso solo da poco, in altri ancora attendiamo. Il problema è che l’attuazione di queste cose mette in discussione lo status quo, toccando equilibri che sono andati avanti per troppi anni. E poi ci sono priorità che non sono quelle giuste: come ha detto il Sottosegretario Bertolaso, perché non c’è verso le scuole lo stesso interesse che c’è verso le autostrade, verso i ponti e le grandi opere?

E l’attuale governo ha fatto qualcosa su questo versante?

Ha fatto una cosa importantissima: all’inizio di questa legislatura, approvando l’articolo 7 bis del decreto 137 – emendamento che ho firmato io, ma naturalmente era voluto e concordato con il governo – abbiamo previsto di destinare in maniera permanente il 5 % dei fondi per le infrastrutture a questo tipo di interventi. Bertolaso ha detto: ci sono 4 miliardi e ce ne vorrebbero 13, ma quello che conta è che la tragedia di Rivoli ha imposto un’accelerazione nelle procedure. Altri soldi li troveremo: ma ora impegniamoci a portare termine quello che è avviato.

A proposito di problemi attuativi, torniamo al punto di partenza: proprio ieri la Commissione da lei presieduta ha approvato il parere sul Piano programmatico del governo. Cosa è emerso?

Il parere conferma la condivisione senza riserve degli obiettivi del piano, raccogliendo la sfida di coniugare la riqualificazione della spesa pubblica con una qualità diffusa del sistema, eliminando gli sprechi. Abbiamo condiviso la scelta dei tre pilastri del piano Gelmini: revisione degli ordinamenti, razionalizzazione della rete scolastica, miglior utilizzo delle risorse umane. Abbiamo però fatto tesoro dei suggerimenti che sono emersi nel dibattito in Commissione, sia di opposizione che di maggioranza. Inoltre abbiamo voluto far chiarezza su un punto nodale, su cui erano corse voci allarmistiche del tutto ingiustificate: il tempo pieno e l’estensione oraria fino a 30 ore nella scuola primaria rimarranno; ma si aggiungerà un nuovo modello a 24 ore, come nuova opportunità offerta alle famiglie.

Si accennava in questi giorni ad eventuali problemi economici legati a una morbida interpretazione dei dettami del piano: è così?

Come scritto nel parere, sono stati rispettati tutti i vincoli. Rispetto al maestro unico, l’economia su questo punto non era prevista nel piano, perché il decreto è intervenuto successivamente. Quindi questo ci consente l’applicazione morbida della norma e il fatto di dare priorità alla libera scelta delle famiglie. Chi è interessato al maestro unico e alle 24 ore potrà chiedere che si realizzino classi con questo modulo orario, e la scuola è tenuta a farlo. Ma si mantengono una serie di flessibilità; ciò che invece si va a tagliare inflessibilmente sono gli sprechi, evitando di andare a pagare due o tre insegnanti per classe dati dalle varie compresenze e contemporaneità.

Ora quale sarà il prossimo passo?

Ora ci sono i regolamenti attuativi. Con l’approvazione di questo parere sul piano programmatico la Camera ha dato via libera al governo per l’attuazione del piano: quindi possiamo dichiarare che siamo alla vigilia della fase attuativa che dovrebbe aprire una stagione nuova per la scuola reale, per una serie di interventi che vanno verso una modernizzazione ed europeizzazione, ma anche verso una scuola di qualità diffusa, secondo criteri di efficienza, efficacia, e riqualificazione della spesa.