I bambini soldato sono entrati prepotentemente nelle scuole di Abbiategrasso; lo hanno fatto grazie alla mostra di AVSI esposta in questi giorni nei locali dell’Annunciata. Ben 58 classi hanno visitato la mostra che è imperniata sui disegni dei bambini soldato dell’Uganda e dai quali traspare sia la drammaticità del male di cui questi bambini sono stati vittime sia la forza del bene, capace di ricostruire il loro “io” così profondamente lacerato e di rilanciarlo in modo positivo all’attacco della vita.
Aver lasciato entrare dentro la quotidianità della scuola lo sguardo di questi bambini soldato è stata una significativa opportunità educativa, come ho potuto io stesso riscontrare dalla commozione degli studenti di una classe con cui sono andato a visitarla. Io conoscevo la drammatica vicenda degli ex-bambini soldato, sapevo di questo dramma, lo avevo seguito passo dopo passo; ma quanto mi hanno insegnato i “miei” studenti è stato molto di più di quanto in questi anni avevo appreso. Loro, guardando la mostra, mi hanno portato a scoprire la positività che si impone nello sguardo e nei disegni degli ex-bambini soldato, più forte della bruttura e della violenza di cui sono state vittime.
Quanto è stato bello guardando quella mostra essere stato provocato ad andare a cercare l’origine della positività che proprio perché esplode nei bambini soldato, i quali avrebbero tutte le ragioni per essere scettici e disperati, ci appartiene in quanto essere umani ed arriva fino a noi, dentro le nostre famiglie, dentro le nostre scuole, dentro le nostre amicizie.
Per questo sono grato che i bambini soldato siano entrati dentro la scuola, perché l’hanno aperta alle dimensioni del reale, e in questo ancor di più ad alcune studentesse e studenti che, impegnandosi a fare da guida, hanno accompagnato le classi a guardare la mostra. Questi giovani mi hanno commosso per la modalità con cui hanno fatto da guida: mentre parlavano dei bambini soldato, mentre spiegavano il loro dramma, mentre sottolineavano quel disegno o quell’altro, era evidente che si erano immedesimati con la loro umanità nell’esperienza dei bambini soldato e comunicavano la speranza che traspariva dai loro occhi. Così queste ragazze e queste ragazze mi hanno insegnato come si comunica un’esperienza, mettendoci dentro tutto il proprio cuore.
(Gianni Mereghetti)