L’interesse pubblico sulla scuola, da ottobre ad oggi, si è acceso attorno ai grandi temi del cambiamento e delle riforme, che pare rimangano ancora “in cerca di autore”.
Sono rimasti fuori dai tavoli di discussione temi e problemi più spiccioli dell’ordinaria quotidianità scolastica, solo apparentemente meno importanti, ma che toccano la centralità della scuola stessa: la questione educativa.
A partire da questo anno scolastico 2008/09 e già dagli scrutini intermedi, l’art. 2 del Decreto Legge 137 del 1 settembre 2008 introduce dei cambiamenti nella valutazione del comportamento degli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado. Cosa cambia? Apparentemente il cambiamento sembra riguardare solo gli studenti della scuola Media Inferiore che, accanto alla novità della valutazione in decimi per le discipline, vedranno in pagella anche per la condotta un voto espresso in decimi.
Ma il comma 3 dello stesso articolo spiega che il voto di condotta, oltre concorrere alla valutazione complessiva dello studente “determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo. Ferma l’applicazione della presente disposizione dall’inizio dell’anno scolastico di cui al comma 2, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sono specificati i criteri per correlare la particolare e oggettiva gravità del comportamento al voto insufficiente, nonché eventuali modalità applicative del presente articolo.“
È evidente che l’applicazione della legge, dal momento in cui prevede anche la non ammissione alla classe successiva dello studente, nel caso di una valutazione negativa, comporta una serie di riflessioni sulla mission della scuola stessa e della sua capacità non solo di trasmettere istruzione, ma anche di agire e intervenire su comportamenti, di cui non è la sola responsabile.
In attesa delle modalità applicative dell’articolo di legge e nell’imminenza degli scrutini si è intanto acceso il dibattito nelle scuole per definire dei criteri omogenei, almeno nel proprio interno, fermo restando il fatto che tutto ciò comporterà comunque una differenziazione di applicazione nelle scuole e sul territorio.
Le due questioni più spinose riguardano: la soglia dell’accettabilità; l’attribuzione del voto negativo.
Su queste questioni si aprono una serie di problemi, non irrilevanti, e posizioni diverse, ad esempio tra chi intende attribuire il giudizio sui comportamenti dentro la propria disciplina e chi distingue tra competenze disciplinari e competenze che riguardano gli atteggiamenti e i modi di agire; tra chi intende il voto di condotta come la rigida applicazione del Regolamento di Disciplina e chi lo modula all’interno di un percorso educativo di classe.
Certo il problema non sarà quello di costruire l’ennesima griglia di valutazione, magari declinandola in modo graduale attraverso indicatori e descrittori, di partecipazione, di relazione e di autonomia, il problema è come non farla diventare una gabbia rigida con intenti solo punitivi e sanzionatori da cui escludere gli stessi principi educativi che sono alla base della comunità scuola.