La CEI ha preso posizione. Ha atteso, non si è sbilanciata, ha fatto persino temere che non intervenisse, ma alla fine ha preso posizione. E lo ha fatto in modo netto e inequivocabile, lanciando al Governo un ultimatum che non riguarda solo il problema contingente, ma aprendo un fronte ben più ampio. Vero è che la quasi totalità dei fondi sottratti alle scuole dal bilancio 2008 (i famosi 4/12) è improvvisamente riapparsa in cassa (perché però non restituirli tutti?), tuttavia –crediamo- questo non basterà a placare l’indignazione del direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per l’educazione.



In questa situazione di tagli alla scuola paritaria – affermava infatti monsignor Stenco – «non si tratta di restituzione: a questo punto si è aperta una crisi molto più profonda e le federazioni delle scuole cattoliche presto si mobiliteranno in tutto il Paese». E non solo le federazioni delle scuole dell’infanzia, aggiungiamo noi, ma di ogni ordine e grado, perché le scuole paritarie sono presenti e importanti ad ogni livello.



Di che cosa si tratta, dunque? Qual è la crisi più profonda di cui parlava? Indubbiamente i tagli operati da questo Governo, prima quelli sulla finanziaria 2009, poi quelli sui 4/12 del 2008, hanno incrinato un rapporto di fiducia che pareva aver ricevuto il sigillo dalla visita del Presidente del Consiglio al Santo Padre svoltasi all’inizio del giugno scorso, durante la quale si era parlato proprio di temi come il finanziamento statale alle scuole cattoliche ed il sostegno alla famiglia, con sgravi fiscali per chi ha figli…

Al posto del finanziamento sono arrivati i tagli, si è incrinato il rapporto di fiducia e si sono riaperte vecchie ferite: «Non è il taglio da 130 milioni di euro di adesso che fa scoppiare la scuola cattolica» affermava Stenco, ma il fatto che «qui si vuole la scuola statale e la scuola commerciale, lo stato e il mercato ma non il privato sociale che rappresentiamo noi e che fa la scuola non per interesse privato, ma per interessi pubblici». Considerazioni comprensibili, dato l’operato del ministro Tremonti, accusato di colpire nuovamente la scuola cattolica, come già era avvenuto durante il suo incarico nel precedente governo Berlusconi: «Guarda caso nel 2008 ripete la stessa manovra del 2004: taglia per tre anni consecutivi 130 milioni di euro alla scuola cattolica. È un film già visto: si continua a colpire il sistema paritario…». E concludeva: «La Chiesa adesso deve tirare le sue conseguenze….».



Di quali conseguenze si tratta? Della fine del dialogo col Governo? Di una grande mobilitazione? Si tratta soprattutto di altro, perché non sarà la semplice restituzione dei soldi tagliati a risolvere il problema delle scuole paritarie in Italia, che ricevono ormai da dieci anni il medesimo risicato finanziamento, neanche sufficiente a pagare gli stipendi dei docenti (tra l’altro,come se non bastasse, tocca ogni volta dover combattere per riaffermare ciò che spetterebbe di diritto…)

È giunto infatti il momento di affrontare il tema della parità scolastica e della libertà di scelta educativa per le famiglie alla radice; solo così potrà riaprirsi un canale di dialogo e di fiducia con le istituzioni. Queste sono le uniche conseguenze possibili.

Per questo, non solo vogliamo ancora credere e sperare che le promesse fatte in ordine al ripristino dell’intero contributo per il 2009 siano mantenute; soprattutto confidiamo che questa situazione diventi davvero l’occasione -come hanno recentemente dichiarato gli l’on. Toccafondi e Lupi del Pdl- per «affrontare e risolvere in modo definitivo, entro al fine della legislatura, la questione della parità scolastica», visto che «anche nell’opposizione ci sono orecchie sensibili al tema». Siamo certi che con un Governo forte come quello attuale ed il consenso bipartisan riscontrato vi si possa finalmente giungere.

Il primo passo in questa direzione dovrà essere l’utilizzo totale dei fondi appena stanziati per la scuola (120 milioni di euro) attraverso i due diversi emendamenti approvati dalla Commissione Bilancio del Senato. Si tratta infatti di parte delle risorse per le paritarie tagliate sulla Finanziaria 2009. Visto che sarà poi il ministero dell’Istruzione, di concerto con il dicastero degli Affari regionali e dell’Economia, a valutare successivamente, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria, la quota da destinare agli istituti scolastici paritari, non accadrà che alla fine arriveranno a questi solo le briciole?

Quindi non dormiremo, come ha affermato sornione il sottosegretario Vegas «su quattro cuscini» solo perché «c’è un emendamento del relatore che ripristina il livello originario dei fondi per le scuole paritarie». Può essere un primo passo positivo, ma occorre fare di più, perché comunque la condizione di precarietà delle scuole paritarie è strutturale e non è possibile assistere indifferenti alla chiusura di realtà educative così preziose: «Può una scuola parrocchiale –diceva mons. Stenco- permettersi ogni anno una passività di 20-25 mila euro? Dopo 10 anni che cosa è divenuta? 250 mila euro…».

E anche se noi non le chiuderemo mai e continueremo a fare di tutto per consentire ad ogni famiglia di accedervi, non ci tireremo certamente indietro se ci sarà bisogno di mobilitarci e scendere in piazza insieme alle altre federazioni delle scuole cattoliche (e non). Siamo troppo sicuri che la libertà di educazione, e con essa le scuole paritarie, costituiscano un bene indispensabile e insostituibile per il nostro paese.

Continueremo dunque a batterci perché questo governo, qualunque governo, ne prenda atto e operi conseguentemente.