È difficile non trovarsi d’accordo con il Gruppo di Firenze, quando denuncia l’urgenza di un ritorno ai parametri decisivi della responsabilità e del merito per far crescere le nuove generazioni e il paese. E quando chiede alle forze politiche che competono per il governo del paese di dire con esattezza che cosa propongono per far ripartire un sistema educativo nazionale, che per molti segnali appare avviato al collasso. Ma l’appello, privo di riferimenti analitici e di proposte almeno abbozzate, rischia di essere archiviato nel limbo dove giacciono già centinaia di appelli, abbandonati alla critica roditrice dei topi.
Intanto le forze politiche i loro programmi in vista della prossima legislatura li hanno già presentati, all’Appello hanno già risposto prima della stesura dell’Appello. Si deve dedurre che le risposte che in questi giorni hanno scritto i partiti e i loro leader vanno proponendo nelle piazze mediatiche non è soddisfacente? I firmatari non lo dicono.
L’Appello richiama “l’aggiornamento dei programmi, la riorganizzazione dell’istruzione superiore, l’autonomia delle scuole”. Ma tutti sanno che Luigi Berlinguer dal 1996, Letizia Moratti dal 2001, Giuseppe Fioroni dal 2006 si sono occupati esattamente di questo, con alterna fortuna. Berlinguer e Moratti, in particolare, hanno presentato imponenti progetti di riforma. Fioroni ha impiegato quasi tutto il suo tempo a demolire ciò che si era costruito nel decennio precedente, con qualche spruzzatina di “serietà”, “severità”, “responsabilità”, arrivando a dire che le riforme non sono necessarie: no alla “riformite”! Ci si attenderebbe dai firmatari, nonostante i limiti strutturali del genere letterario dei Manifesti e degli Appelli, una spiegazione, anche solo in filigrana, delle cause dei parziali successi o dei veri e propri fallimenti del decennio appena trascorso. Che cosa è vivo e cosa è morto di questi tentativi?
Appare moralismo astratto indicare l’obbiettivo del riconoscimento del merito senza dire a quali condizioni istituzionali, amministrative, organizzative e, beninteso, culturali esso possa effettivamente realizzarsi. Solo per fare un esempio: perché non dire che l’attuale assetto statalistico e centralistico del sistema, che la politica di Fioroni ha rinforzato, impedisce strutturalmente la realizzazione delle condizioni perché il merito e la responsabilità vengano riconosciuti e premiati. Parto, appunto, dal sistema premiante. Nella scuola quello dedicato agli studenti non esiste più, si è sfilacciato già a partire dagli anni ‘70. Il voto 5 dato in una classe o in una scuola o in una regione su un contenuto di interrogazione o di esame in un’altra classe, scuola o regione diventa 7. Come rimediare alle ingiustizie e alle disuguaglianze gravi generate da un meccanismo di voti apparentemente omogeneo su scala nazionale, appoggiato sulla base inconcussa del valore legale del titolo di studio? Si rendono conto i firmatari che la prima condizione per accertare il merito è quella di certificare direttamente le competenze, sulla base di standard pubblici nazionali, prendendo atto del disvalore legalizzato del titolo di studio e pertanto facendo una battaglia per l’abolizione del valore legale del titolo? All’ombra del valore legale accade che il capitale sociale ereditato prevalga su quello individuale accumulato: i meritevoli e privi di mezzi sono svantaggiati, gli immeritevoli e ricchi di mezzi fanno strada. Nei programmi presentati da PdL e Pd viene data una risposta diversa a questo problema. Qual è secondo voi quella giusta?
Il governo del sistema educativo nazionale è stato delegato da decenni a questa parte all’intreccio perverso di Amministrazione ministeriale e sindacati. Colpa del lassismo di origine sessantottarda? Nessun ministro degli ultimi trent’anni è stato un leader del ‘68! Arrivati in Viale Trastevere i Ministri, quasi tutti democristiani, hanno fatto, quasi tutti, un uso politico spregiudicato di quell’intreccio perverso per andare a cercarsi qualche consenso nel grande universo scolastico. Senza spezzare quell’intreccio per cui, nonostante i peana innalzati all’autonomia, il governo effettivo delle scuole cala dall’alto, impossibile costruire il sistema premiante per gli insegnanti. Come è possibile invocare il merito, se gli insegnanti non hanno carriere, se avanzano solo in base al principio biologico del compleanno, se gli studenti sono valutati senza una tavola nazionale delle competenze, senza uno standard nazionale? Il clima culturale delle scuole non prevede il merito e la responsabilità. Le cause di questa mancanza sono istituzionali e politiche, le soluzioni ci sono. Perché non denunciare le prime e non proporre le seconde?



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