Lo studente morto davanti al liceo scientifico “Nobel” di Torre del Greco in seguito ad una rissa tra coetanei ripropone in modo drammatico la questione della violenza dentro la scuola. Non si può far finta di niente come non si può lasciare la questione alla ricostruzione della dinamica dei fatti o alla pura casualità, no, non si può, perché non può succedere che un ragazzo andando a scuola trovi la morte. Ancora una volta è la domanda sul perché vivere che esce potentemente, chiedendo che qualcuno se ne faccia carico. A Torre del Greco è riesplosa l’emergenza che sta lacerando la scuola italiana. Che scoppi una rissa e che le ragioni siano futili è il segno di una modalità di rapporto in cui domina il nulla, e questo non è accaduto per caso a Torre del Greco, accade ogni giorno dentro le aule scolastiche. Per questo occorre avere finalmente il coraggio di andare fino in fondo di ciò che è accaduto, cercando di scoprirne l’origine, ancor di più cercando di scoprire che cosa significhi questa assurda morte per noi che ogni giorno entriamo in classe. La decisione di guardare in faccia a questo studente morto, alla sua scelta di mettersi in mezzo a sedare una rissa, è questo che ci manca a causa dello scetticismo che domina la vita e quindi i rapporti. È questo invece il coraggio che urge prendersi, che io voglio prendermi, il coraggio di portare con me in classe la ferita inferta da questo dramma, perché è da questa ferita che fuoriesce il bisogno che tutto abbia un senso, la vita fino alla scuola e ai suoi impegni quotidiani, ai legami che dentro le sue mura nascono o si sfaldano. A Torre del Greco è stato il nichilismo a tendere la sua trappola, da lì rimbalza una domanda sempre più decisiva, l’esigenza che la vita abbia uno scopo tutto positivo, che alzarsi ogni mattina apra orizzonti interessanti e non il rifiuto violento di quello che ci si trova di fronte. Non saranno regole nuove né una più attenta capacità di punire a sconfiggere il nichilismo e la violenza, sarà chi una positività la vive e la porta dentro il suo sguardo.



Questo ogni mattina è ciò che sperano gli studenti e gli insegnanti, che dentro ogni aula scolastica non faccia capolino la noia e la rissa, ma uno sguardo di simpatia totale. Portare in classe con noi lo studente morto a Torre del Greco è portare questo sguardo, la certezza che la vita abbia un senso, la bellezza della realtà che ci circonda. Sempre più decisamente siamo sfidati ad educare, a comunicare ciò che ci fa uomini, è questa la strada che siamo chiamati a prendere così che non succeda più che dentro una scuola degli studenti si trattino con violenza o che la noia paralizzi il desiderio. È una strada affascinante che dentro questa tragedia ci si apre davanti, un’ultima occasione per capire che i rapporti diventano umani per un’esperienza di corrispondenza alle proprie esigenze più profonde. I fenomeni di bullismo diminuiranno, le risse si diraderanno, la prepotenza sarà limitata non perché gli studenti diverranno buoni, ma perché saranno commossi da uno sguardo che porta loro la certezza di un destino tutto positivo. È questo sguardo l’educazione!



(Gianni Mereghetti)

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