Gli studenti degli istituti superiori delle scuole superiori di Bolzano sono scesi in piazza per il 4 politico, in quanto ritengono assurdo trovarsi sulla pagella di fine anno voti come il 2 e il 3. “Sono voti umilianti” sostengono gli studenti, facendo presente che sarebbero di fatto irrecuperabili anche attraverso le attività di recupero estive. E’ tornato così alla ribalta il voto politico, una concezione che era entrata dentro la scuola del ’68 e che considerava la valutazione uno strumento autoritario e quindi da eliminare dall’iter scolastico. Allora si trattava del 6 politico, ossia la promozione per tutti. Oggi è il 4 politico, ossia la possibilità per tutti di poter recuperare e di essere promossi. La pretesa è stata ridimensionata, ma la logica è sempre la stessa, è quella “buonista” che tende a sostituire il giudizio sulle conoscenze e sulle capacità degli studenti con una amnistia generalizzata. Con il 6 politico ieri e con il 4 politico oggi di fatto la verifica del lavoro scolastico non ha più valore, e in fondo non è più importante che uno studente impari, ma che vada comunque avanti. Nel ’68 era l’autoritarismo della scuola che si voleva combattere; oggi la serietà che Fioroni ha voluto introdurre con l’obbligo del recupero dei debiti. Se gli studenti di Bolzano sono scesi in piazza è per la paura ingenerata dalla vicenda dei debiti scolastici. Si tratta di una reazione di bassa lega che fa da contrappunto ad un’altrettanta piccineria, quella di tanti insegnanti che stanno usando la sciagurata ordinanza sui debiti scolastici come spauracchio piuttosto che come possibilità per impegnarsi ad un recupero effettivo delle carenze degli studenti.
Chiedere il 4 politico è l’ennesimo escamotage per non affrontare il problema dell’insuccesso scolastico, così come lo è il fatto di utilizzare il decreto sui debiti per bocciare di più o promuovere di più. Gli studenti dovrebbero scendere in piazza per un altro motivo: dovrebbero farlo per chiedersi e chiedere agli insegnanti per quale ragione dopo un anno di scuola un ragazzo o una ragazza abbiano come valutazione finale un 2 in pagella. Infatti la questione seria della scuola è questa: che si passino mesi e mesi dentro una classe ascoltando lezioni e facendo esercizi, senza imparare praticamente nulla. Per questo uno studente con valutazioni così basse dovrebbe domandarsi che senso ha per lui andare a scuola, e non nella solitudine della sua cameretta, ma cercando qualcuno che possa aiutarlo a trovare una ragione per impegnarsi nell’avventura della conoscenza. Dall’altra parte non è che gli insegnanti possano sentirsi tranquilli in coscienza perché comunque hanno fatto il loro dovere. Insuccessi così gravi sono anche per loro una domanda, sono la provocazione a giudicare il loro lavoro in quanto non è sufficiente fare delle belle lezioni per essere buoni insegnanti, ma bisogna anche saper sfidare la libertà dell’altro e destare in lui l’amore alla verità di cui è fatta la sua stoffa umana. Chiedere il 4 politico o pensare che le carenze degli studenti siano colmate dal meccanismo delle attività di recupero sono due facce della stessa medaglia, sono cioè l’indizio preoccupante dell’esistenza di una realtà studentesca e di una realtà docente che non vuole affrontare la sfida dell’educazione. A fronte di tutto questo non ci sta un altro meccanismo né altre regole, ma studenti e insegnanti che oggi dentro la scuola vivono l’avventura della conoscenza. Un ragazzo con gravi difficoltà scolastiche può trovare l’energia per affrontarle se, imbattendosi con compagni o insegnanti che gli comunicano il fascino di questa avventura, decide di mettersi con loro.
(Gianni Mereghetti)