Dal dibattito che è seguito all’articolo di Giavazzi sul Corriere, alimentato dagli interventi di Vittadini, Violini, Silvano, Venzo e Varani,si può trarre una prima conclusione: che anche un noto esponente del liberalismo/liberismo italiano esibisce delle buone performances, allorché si occupa di economia, ma ricade nell’ideologia, quando passa alla famiglia e all’educazione. Se questa ricaduta sia dovuta solo a un uso imprudente di dati già ideologicamente pre-digeriti da altri o sia il sintomo di una qualche persistenza ideologica della concezione statalistica e centralistica in educazione è presto per dirlo. Certo è che la funzione del buono-scuola, come chiarisce la Violini, non è quella di orientare le scelte delle famiglie, ma “sussidiare” le scelte che hanno già fatto, in un contesto fortemente condizionato dall’ingiustizia evidente con cui vengono trattate le famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole paritarie.
Ma Giavazzi ha un solo modo per dissipare il nostro sospettoso dilemma: quello di scrivere un articolo che sostenga la libertà delle famiglie di scegliere tra scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie, senza dover ricorrere a nessun bonus. In effetti c’è un solo modo per rendere inutile il buono-scuola e tagliare alla radice la possibilità che ne facciano uso solo le famiglie abbienti – ma sul punto l’Assessore regionale Rossoni fornisce dei dati in senso opposto a quella tesi preconcetta – : che tutte le famiglie ne possano disporre liberamente, sia quelle che mandano i figli alle scuole di Stato, sia quelle che li iscrivono alle scuole paritarie. In tal caso la libertà di scelta circa l’educazione dei figli verrebbe attribuita senza condizionamenti alle famiglie.
Solo che, e questo sì è compito dello Stato, occorrerebbe mettere in atto tutti gli adempimenti necessari a rendere effettuale l’esercizio di tale libertà. Quali sono? In primo luogo l’informazione pubblica sui risultati comparabili di tutte le scuole del Paese. Il che implica la capacità di individuare il valore aggiunto di ogni scuola e di mettere in fila le scuole lungo una scala di ranking nazionale. Non necessariamente i genitori scelgono la scuola migliore, se essa sta a 50 km. di distanza. Si parla appunto di “quasi-mercato”, a segnalare che alcuni vincoli – come ad esempio la distanza da casa – impediscono il costituirsi di un mercato “perfetto”. Ma tutti hanno diritto di sapere a quale livello di qualità si colloca una determinata scuola. E poi scegliere.



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