L’anno scolastico 2007/08 si chiude per gli studenti delle scuole superiori con una importante novità: la sospensione di giudizio. Tra promozione e bocciatura gli studenti che non dovessero riportare la sufficienza in una o più discipline, vedranno rinviato il giudizio finale, ovvero il passaggio o meno alla classe successiva.
Questo in applicazione dell’Ordinanza ministeriale n. 92/2007 che disciplina il decreto n. 80/2007 sul recupero dei debiti formativi, emanato dall’ex ministro Fioroni, con l’ambizioso obiettivo di chiudere definitivamente la stagione dei debiti trascinati da una classe all’altra. Un sistema iniquo che nel corso degli ultimi tredici anni ha consentito il passaggio alla classe successiva di studenti con una preparazione “a groviera” e che ha finito così con il premiare i più svogliati o i meno impegnati, mentre ha contribuito a demotivare i più bravi.
La prima conseguenza di questa cattiva pratica è stata una progressione continua di studenti ammessi alla classe successiva con debito, fino ai numeri dello scorso anno, dove si è toccata la percentuale del 42% . Ancora più allarmante il dato che solo uno su quattro riusciva a saldare il debito, mentre gli altri comunque proseguivano nella classe successiva.
È indubbio che tale sistema andava rivisto perchè, oltre ad incancrenire il trend negativo della nostra scuola, immettendo nel mercato del lavoro o nell’Università gente poco preparata, ha contribuito a diffondere un vero e proprio “malcostume”, autorizzando i giovani ad abbandonare lo studio delle discipline “più impegnative”.
Ma l’applicazione del nuovo piano di recupero dei debiti è riuscita nell’intento?
Intanto bisogna ammettere la spesa enorme di 197 milioni di euro a cui si sono aggiunti ulteriori 57 milioni di euro che gravano su tutti i contribuenti e l’enorme carico di lavoro per le scuole dal punto di vista organizzativo e finanziario.
Oltre questo, qualche effetto, a dir poco, discutibile si è già prodotto. A partire da infiammati ed estenuanti Collegi di docenti “l’un contro l’altro armato” (si fa per dire), divisi tra la scelta delle discipline oggetto dei corsi, della tipologia di studenti da fare accedere ai corsi, degli insegnanti a cui affidare i corsi, e tenuti a fissare un calendario di tutte le operazioni, di svolgimento dei corsi e di giudizio finale, non in contrasto con le attività degli Esami di Stato e con il diritto alle ferie estive degli insegnanti.
Le soluzioni adottate dalle scuole sono state le più diverse: dall’attivazione del maggior numero di corsi possibile, una sorta di accanimento terapeutico, all’offerta di pochi corsi mirati alle discipline con maggior numero di insufficienze, al recupero in orario curricolare, alla pausa didattica che ha costretto bravi e meno bravi a ripassare argomenti già svolti, con il risultato di demotivare tutti e, forse, non recuperare nessuno.
Ora, dato che la bontà di una formula si giudica dai risultati, attendiamo la conclusione di questo anno scolastico e la diffusione dei dati ufficiali, per valutare e giudicare quali obiettivi siano stati raggiunti.
Non ci si possono però nascondere alcune crepe, che invitano ad una seria riflessione:
– gli indirizzi e le scelte di politica scolastica, attraverso la canalizzazione di ingenti risorse finanziarie, 254 milioni di euro, sono principalmente rivolti alle attività di sostegno e di recupero;
– il piano per la valorizzazione delle eccellenze rimane soltanto un’idea, poco praticabile, se l’impegno complessivo viene finalizzato a questa tipologia di interventi;
– l’autonomia delle Istituzioni scolastiche, molto spesso invocata, viene in realtà mortificata, ridotta soltanto a scelte di organizzazione del piano di interventi e della programmazione delle attività, non qualificanti nella sostanza l’Offerta formativa;
– il principio di responsabilità, anche se viene chiamato in causa, in realtà riguarda più l’istituzione scolastica, sulla quale viene fatto ricadere l’obbligo di attivare i corsi per gli studenti che non abbiano raggiunto il traguardo formativo, poco la famiglia che dovrebbe almeno condividere la responsabilità degli esiti scolastici dei figli;
– e, per chiudere, chi controlla l’efficacia delle azioni a fronte degli sforzi messi in atto?
Questo è un nodo che in questa legislatura dovrà essere affrontato e sciolto, se non si vuole che la decadenza della scuola italiana diventi inarrestabile declino.



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