Mercoledì 18 giugno prenderanno il via con la prova scritta di italiano gli esami di Stato per gli studenti delle scuole superiori. Il meccanismo della prova è rimasto quello ormai consolidato:  commissione mista con tre insegnanti interni, tre esterni e il Presidente, tre prove scritte, colloquio orale, valutazione in punti con possibilità di arrivare ad un punteggio massimo 100  e minimo per la promozione 60.
L’esame quindi porta con sé le contraddizioni che sono emerse nel corso degli anni, e che possono essere riassunte nella prevalenza dell’aspetto nozionistico e sommatorio, quando un esame dovrebbe invece verificare le capacità critiche e creative che gli studenti hanno acquisito dopo il percorso scolastico. Le tracce della prova scritta di italiano, che finiscono con il favorire un procedimento di taglia e incolla; la terza prova che è al limite dell’assurdo in quanto propone una formula da quizzone televisivo del tutto estranea alla pratica quotidiana della scuola; un colloquio orale che può essere tutto o niente; una valutazione che rischia di ridursi ad una pura somma di voti escludendo un giudizio sintetico sullo studente: sono questi gli ostacoli che si frapporranno a studenti e insegnanti nel corso degli esami e che potrebbero incepparne il corretto funzionamento.
Di fronte ad un esame che ha tante e tali contraddizioni gli insegnanti sono chiamati ad un compito decisivo: quello di impedire che prevalga la meccanicità e di favorire che gli esami siano un’occasione per ogni studente di mettere in campo le sue capacità, analitiche, sintetiche e critiche. Che gli esami di Stato non siano l’ennesima occasione persa in gran parte dipende dagli insegnanti, dal fatto che si prendano la responsabilità di andare a cercare dentro le pieghe delle prove l’originalità di ogni studente per valorizzarla. Affinché questo accada, è necessario che ogni insegnante non affronti l’esame passivamente, ma si prenda l’iniziativa di intercettare l’umanità degli studenti, studenti già conosciuti per i commissari interni, studenti non conosciuti per i commissari esterni.
Se per gli insegnanti l’esame di Stato è quindi un’occasione per incontrare qualcosa di nuovo, anche per gli studenti l’esame è una occasione significativa. Innanzitutto è una prova, il che è importante dentro un cammino di crescita personale. È mettendosi alla prova che si verifica la solidità e la consistenza del proprio “io” e delle sue capacità. In secondo luogo si tratta di una prova in cui poter finalmente parlare di sé, mettere in campo le proprie capacità, comunicare la propria modalità di conoscere il reale. Il compito di ogni studente è allora quello di sfidare per l’ultima volta una scuola in cui «tutto cospira a tacere di sé», e non lo può fare con una somma di nozioni, bensì con la forza della conoscenza, ossia con il suo modo personale di guardare la realtà. Essere protagonisti all’esame è farsi spazio per comunicare se stessi, il proprio modo di conoscere il reale.



(Gianni Mereghetti)

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