Il D.Lgs 460/97, che ha istituito le cosiddette ONLUS, prevede che possano accedere a tale qualifica le cooperative e gli enti senza scopo di lucro che esercitano la propria attività in determinati, ed analiticamente elencati, settori. Tra questi settori è compresa l’istruzione.
Perché, dunque, attualmente le scuole (a meno che non siano gestire da cooperative sociali, incluse dalla norma tra le «ONLUS di diritto») non possono accedere alla qualifica di ONLUS?
Perché per l’attività di istruzione – come peraltro per la formazione, la sanità, la cultura e lo sport – le finalità di solidarietà sociale che una ONLUS per essere tale deve perseguire, si considerano realizzate solo se l’attività viene svolta nei confronti di soggetti svantaggiati dal punto di vista «fisico, psichico, economico, sociale o familiare».
Pertanto, una normale scuola paritaria che, ai sensi della legge 62/2000, esercita la propria attività nei confronti di tutti i bambini e i ragazzi che vi si iscrivono non può essere considerata ONLUS.
Si osservi che il D.Lgs 460/97 elenca anche alcuni settori di attività per i quali il perseguimento delle finalità di solidarietà sociale è considerato immanente la definizione stessa dell’attività, con la conseguenza che essa non deve essere svolta nei confronti di soggetti svantaggiati. Si tratta dei settori dell’assistenza sociale e socio-sanitaria; della beneficenza; della tutela, promozione e valorizzazione dei beni d’interesse artistico e storico; della tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente; della ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidate ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni e – in caso di ricezione di contributi da parte dell’Amministrazione Centrale dello Stato – della promozione culturale.
La norma istitutiva delle ONLUS ha di fatto escluso un’importante fetta di non profit italiano (si pensi agli storici enti di formazione, alle scuole e agli ospedali) dalla possibilità di accedere alla qualifica di ONLUS.
Peraltro, un’interpretazione restrittiva della norma tributaria avallata da molti pronunciamenti dell’Agenzia delle Entrate, include gli enti che svolgono attività di istruzione nella categoria tributaria degli “enti commerciali”, dunque tassati sostanzialmente alla stregua delle società di capitali.
Le ONLUS, invece, hanno un trattamento tributario di assoluto favore:
- non scontano IRES;
- in alcune regioni (Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta, province di Bolzano e Trento) sono esentate da IRAP; in altre sono assoggettate ad aliquota agevolata;
- hanno importanti agevolazioni relative all’imposta di registro, nel caso di acquisto di immobili destinati all’attività istituzionale;
- molte operazioni intraprese da ONLUS sono esenti da bollo;
- sono destinatarie del cinque per mille e di erogazioni liberali deducibili ai sensi della “più dai meno versi”.
Tornando alle scuole, la legge “di parità” ha però introdotto una norma volta a estendere il trattamento fiscale delle ONLUS anche alle scuole paritarie gestite da soggetti senza fini di lucro.
L’art. 1 comma 8 della legge 62/2000, infatti, recita: «alle scuole paritarie, senza fini di lucro, che abbiano i requisiti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997, è riconosciuto il trattamento fiscale previsto dal suddetto decreto e successive modificazioni».
Tale comma, nel quale è evidente la volontà del legislatore di equiparare le scuole paritarie alle ONLUS, è stato finora interpretato dal Ministero dell’Economia in senso restrittivo, intendendo che il trattamento ONLUS sia applicabile solo a quelle scuole paritarie in possesso dei requisiti previsti dal suddetto DL 460/97, art. 10, compresa la previsione di svolgimento dell’attività nei confronti di soggetti svantaggiati.
L’interpretazione è evidentemente non corretta: infatti, non si capisce perché sarebbe stata necessaria una nuova norma, visto che l’ inserimento delle scuole che operano nei confronti di soggetti svantaggiati tra le ONLUS è pacifica fin dal decreto istitutivo.
L’interpretazione del Ministero dell’Economia, peraltro, contrasta con quanto richiesto alle scuole paritarie dall’articolo 1, comma 4, della legge 62/00, cioè che l’iscrizione alla scuola sia aperta «per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta», escludendo che possa essere limitata ai soli soggetti svantaggiati. Ciò nell’evidente intenzione di non creare ghetti, ma permettere al sistema scolastico di favorire il più possibile l’integrazione.
A conferma di quanto andiamo sostenendo, l’ordine del giorno approvato dalla Camera nel corso della seduta di approvazione della Legge 62/00 recitava: «La Camera, considerato che: le norme in materia di parità scolastica sono successive a quelle del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e introducono una tipologia di enti che lo stesso decreto legislativo non poteva considerare in quanto non ancora esistenti; il comma 8 dell’articolo 1 della proposta di legge n. 6277 deve pertanto essere interpretato alla luce di quanto disposto dal comma 4 dello stesso articolo e, in particolare, dalle lettere d) ed e); impegna il Governo ad interpretare il comma 8 dell’articolo 1 nel senso che tra i requisiti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, richiesti alle scuole paritarie senza fini di lucro per godere dei benefici fiscali dallo stesso introdotti, non sono compresi quelli che contrastano con la stessa definizione di scuola paritaria e, segnatamente, non è compreso il requisito di cui all’articolo 10, comma 1, lettera b)», cioè l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale, dal quale discende l’obbligatorietà di esercizio dell’attività nei confronti di soggetti svantaggiati.
La ragionevolezza della previsione della Legge 62/00 è evidente: le scuole paritarie attuano servizi di pubblica utilità e sono tassate come società di capitali finalizzate alla produzione e distribuzione di ricchezza.
Al riguardo risulta particolarmente iniqua l’applicazione dell’IRAP, imposta calcolata su una base imponibile costituita anche dai costi del personale, in un settore come quello scolastico nel quale la spesa per i docenti rappresenta mediamente circa l’80% del budget.
Pertanto, oltre all’applicazione del regime fiscale previsto per le ONLUS, è auspicabile l’estensione dell’esenzione da IRAP a tutti gli enti senza scopo di lucro gestori di scuole paritarie, stante il servizio pubblico da essi svolto ai sensi della legge 62/2000.
Basta pochissimo al nuovo Governo perché la norma venga interpretata secondo la ratio che la sottende: basta volerlo fare.