Più di sei miliardi di euro: tanto dovrebbe spendere lo Stato se tutti gli iscritti alle scuole private dovessero da oggi a domani passare alle scuole statali. Il dato impressionante era stato presentato in un dossier dell’Agesc (associazione genitori scuole cattoliche) come promemoria per i lavori di preparazione dell’ultima finanziaria.
Adesso sta entrando nel vivo l’attività del nuovo governo, ed è il caso di riprendere in mano quel dossier. Perché può diventare un po’ stancante continuare a parlare dell’importanza teorica della libertà di educazione, se poi nella realtà dei fatti questa libertà non viene sostenuta. C’è l’esempio dei voucher della Lombardia (il sistema dei buoni scuola, ora evoluto in dote scuola): è sicuramente un esempio estremamente positivo, di cui peraltro ilsussidiario.net avuto modo di parlare approfonditamente a proposito delle critiche un po’ sommarie al buono scuola espresse da Giavazzi dalle colonne del Corriere.
Ma il tema della libertà di scelta educativa delle famiglie deve riguardare l’intera nazione, e deve soprattutto essere un problema nell’agenda del governo centrale, e non solo di alcuni governi regionali.
Ed è a questo punto che si inserisce la vecchia obiezione: la Costituzione, articolo 33, terzo comma, dice esplicitamente che la creazione di scuole per libera iniziativa può avvenire, ma «senza oneri per lo Stato». Ma dove sarebbero questi oneri? Al momento lo Stato spende per le scuole private qualcosa come 500 milioni di euro circa, e intanto ne risparmia sei miliardi per il semplice fatto che le scuole provate esistono. Il guadagno netto, se così si può dire, è di cinque miliardi e mezzo. Ripetiamo: dove sono questi oneri?
Semplice: non ci sono. Lo Stato ha solo da guadagnarci nel sostenere e nel permettere l’esistenza e il buon funzionamento di quelle scuole che nascono dalla libera iniziativa di famiglie e associazioni. Questo il dato inequivocabile con cui per forza di cose deve fare i conti il nuovo ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini: la quale, per altro, da questo punto di vista fa assai ben sperare, dal momento che il tema del sostegno alla libera scelta educativa delle famiglie è presente nella proposta di legge sul “merito”, che la stessa Gelmini ha presentato lo scorso febbraio. L’importante è non perdere di vista anche l’utilità per tutti di un sistema di competizione virtuosa fra istituti di vario genere, statali o non statali che siano, come ha ricordato Benedetto XVI nel discorso all’assemblea della Cei. Il Papa non ha parlato di semplice sostegno alle private, come molti giornali hanno riportato banalizzando, o, meglio, insinuando che dietro ci fosse la solita richiesta di privilegi. In realtà il Papa ha espresso un concetto molto più complesso, e francamente anche molto più laico: «E’ legittimo infatti domandarsi se non gioverebbe alla qualità dell’insegnamento lo stimolante confronto tra centri formativi diversi suscitati, nel rispetto dei programmi ministeriali validi per tutti, da forze popolari multiple, preoccupate di interpretare le scelte educative delle singole famiglie. Tutto lascia pensare che un simile confronto non mancherebbe di produrre effetti benefici».
Effetti benefici per tutti: ecco il risultato di scelte lungimiranti, in campo di libertà di scelta educativa e di autonomia scolastica. Il nuovo ministro ha l’occasione di fare scelte coraggiose, per il bene di tutti. Se farà queste scelte le critiche e le opposizioni anche dure non mancheranno certo. Ma gli argomenti per rispondere alle critiche ci sono già.



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