Sul tema della maturità si intrecciano due livelli di problemi, che hanno degli elementi in comune, ma che vanno distinti: le modalità dell’esame ed il livello di trasparenza e di attendibilità dei suoi esiti. Quest’ultima questione ha evidenti riflessi sul problema del valore legale del titolo di studio e perciò riveste maggiore importanza a livello di sistema.
Sulle modalità di esame sono vent’anni che si discute. La messa in mora della commissione tutta esterna avvenne con il Ministero Berlinguer; dopo la parentesi morattiana, il Ministero Fioroni ha cercato di operare un tranquillizzante ritorno al buon tempo antico, quasi che i problemi di attendibilità e trasparenza si potessero risolvere con qualche commissario esterno.
Sarebbe utile che l’INVALSI utilizzasse i dati che ha cominciato a raccogliere e sistematizzare in questi anni per verificare se ci sia stato uno scostamento nei tre diversi regimi di esame che si sono finora susseguiti (Berlinguer, Moratti e Fioroni) nelle percentuali dei promossi e nelle votazioni attribuite. Si potrebbe così verificare la distribuzione territoriale dei fenomeni, poiché questa variabile sta assumendo dopo le indagini OCSE-PISA una certa importanza nel dibattito sulla scuola in Italia. Infatti, secondo i dati finora resi disponibili sul sito INVALSI, le votazioni più alte vedono alternarsi in testa Calabria e Campania, che peraltro appartengono alle macroaree territoriali con i più bassi livelli di prestazione in PISA.
E’ ormai maturo il tempo di uscire da un circolo vizioso, la cui sterilità sta diventando sempre più evidente. Il modello del nostro esame di maturità – un BAC (Baccalaureat) all’amatriciana – non è l’unico possibile; anzi a livello internazionale i sistemi si stanno evolvendo verso un modello del tutto diverso. Anche in Francia, in cui il BAC è significativamente più impegnativo che da noi – peraltro esso dà luogo ad una vera e propria classifica delle scuole! – ferve la discussione su una sua riforma.
Sostanzialmente: ad una esternalizzazione affidata principalmente alle persone dei commissari si tende a preferire un modello misto, nel quale una parte della valutazione deriva dai risultati del curriculo dell’allievo ed una parte da prove veramente esterne ed in quanto tali relativamente imparziali. Anche in questo le indagini internazionali come PISA sono state un elemento di forte accelerazione.
Sulla scorta del modello anglosassone di esami finali, una parte della votazione – variabile nei diversi sistemi – deriva dai risultati di una prova nazionale di test. In Italia ciò era espressamente previsto dall’art 3 della L 53 (Riforma Moratti), che ha cominciato ad essere attuata dal Ministero Fioroni in questo anno 2008 all’interno dell’esame di terza media per italiano e matematica. Per quest’anno le commissioni sono state libere di prenderla o meno in considerazione, ma non è difficile ipotizzare che più o meno lentamente si passerà a definire un peso omogeneo a livello nazionale e che questo stesso modello sarà applicato all’esame di maturità. Il governo spagnolo di Aznar nell’ultima fase della sua legislatura aveva varato un esame finale di questo genere, giungendo alla raffinatezza di prevedere un punteggio minimo per la prova esterna, che non potesse essere compensato dalle valutazioni “interne”. In Olanda dal 1998 il titolo finale (VWO) è composto in parte da prove scritte nazionali che riguardano la parte opzionale ovvero di indirizzo del curriculo, corrette informaticamente dall’Istituto Nazionale per le Prove. Si affianca al “tutto esterno” la valorizzazione diretta delle valutazioni degli insegnanti di classe, senza perdere tempo ed energie a transustanziarli in commissari. In Germania una parte significativa del voto di Abitur (l’esame di maturità) deriva dalla media dei voti degli ultimi anni. In altri sistemi, come quello danese e lussemburghese, la questione viene semplicemente risolta con quelli che noi definiremmo scrutini finali, con un peso di questi ultimi che va da un mezzo ad un terzo.
In Svezia non esiste una particolare sottolineatura del momento finale della scuola superiore; l’ultimo anno si conclude come gli altri ed eventuali momenti di selezione per l’accesso alle Università vengono gestiti a parte.
E’ interessante notare che il modello misto viene assunto con gradualità, ma con decisione nelle riforme dei sistemi scolastici dei paesi dell’Europa Centrale che stanno uscendo dal modello sovietico piuttosto tradizionale, che seguiva il modello tedesco dell’Ottocento. Anch’essi si stanno ispirando al mondo anglosassone.
In Italia un antesignano esiste già. La Regione Lombardia sta mandando a regime una struttura dell’esame di qualifica dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale, nella quale è previsto che una percentuale del voto finale venga definita sulla base di prove esterne multidisciplinari di italiano, matematica, informatica ed inglese ed un’altra sia riservata ai risultati derivati dal curriculo dell’allievo.



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