Prendersela con il ministro Brunetta, di questi tempi, è indubbiamente diventato un passatempo popolare. Che siano i provvedimenti anti-fannulloni del titolare del dicastero della Pubblica Amministrazione o le sue battute in romanesco, che siano i suoi trascorsi da socialista non pentito o suoi strali contro la magistratura, tutto fa brodo pur di contestare la sua singolare figura. Eppure, incredibile a dirsi, sembra che di recente ne abbia fatta una buona: nessuno dei suoi detrattori accaniti o recenti ha infatti avuto da ridire all’annuncio dato dal Ministro su Sky Tg24, relativo all’imminente lancio di un massiccio piano di asili nido in tutte le pubbliche amministrazioni. In attesa dei dettagli, la ministra Carfagna ha subito manifestato il suo plauso: e le agenzie hanno rilanciato la notizia come se si trattasse della sospirata assegnazione di un ambito premio per le madri lavoratrici del settore pubblico. A quanto pare, persino un perseguitato come Brunetta, appena parla di nidi, diventa un santo: neppure la peggiore acrimonia partigiana riesce a scalfire la vulgata nazionale, che erige la delega della cura dei neonati a indispensabile e indiscutibile.
Il ministro ha presentato l’iniziativa in continuità con la sua posizione favorevole alla revisione del limite di età pensionabile per le donne: il maggior impegno delle donne sul fronte lavorativo e familiare andrebbe in sostanza compensato non con il pensionamento anticipato, ma con l’aumento dei servizi a loro disposizione – tra i quali, naturalmente, quelli di assistenza all’infanzia. Insomma, se lavoro e famiglia insieme sono troppo, la soluzione è fare a meno della seconda; basta affidarla allo Stato, il quale, oltre a tenere madri e padri nei suoi uffici, terrà i loro bimbi nei suoi nidi, e il circolo è chiuso. Dal punto di vista di Brunetta, che passerà alla storia almeno come l’acerrimo nemico dell’assenteismo statale, il ragionamento non fa una piega: se i neonati minacciano di mettere a rischio la presenza dei loro genitori sul posto di lavoro, basta portare sullo stesso posto anche loro – purché, naturalmente, rigorosamente separati dai genitori stessi, impegnati a rincorrere l’efficienza burocratica, e affidati ancora in fasce a estranei. Solerti, affettuosi, efficienti quanto si vuole: ma pur sempre estranei.
La presenza sul posto di lavoro, tuttavia, non sempre coincide con il lavoro stesso. Se per una parte degli impieghi nella Pubblica Amministrazione la presenza fisica allo sportello, o dietro la scrivania è indispensabile, questo non vale certamente per tutti. Tant’è vero che fu proprio nella Pubblica Amministrazione, per una volta nell’insolito ruolo di pioniera, che partì il primo progetto nazionale di sperimentazione del telelavoro, nell’ormai lontano 1999; prima ancora che nel settore privato, che seguì solo nel 2004. L’impegno, almeno nominale, dei vari esecutivi che si sono da allora succeduti per l’innovazione come strumento di efficienza per la PA non ha purtroppo impedito che, passati i fasti della new economy, il progetto fosse lasciato cadere, e che si tornasse alla cara, vecchia timbratura del cartellino di fantozziana memoria.
Certo, riproporre una simile sperimentazione oggi suonerebbe almeno eccentrico; sarebbe troppo coraggioso sostenere che madri e padri impegnati negli uffici pubblici potrebbero avvalersi, nei primi tre anni di vita dei figli, di una simile forma di flessibilità lavorativa, invece di parcheggiarli semplicemente da qualche parte. Tanto coraggioso da risultare impopolare: una simile tesi forse si trasformerebbe nell’ennesimo motivo di dileggio ai danni del ministro Brunetta. Molto più semplice, più comodo, più efficace andare sul sicuro, e accodarsi alla pubblica giaculatoria per la moltiplicazione degli asili nido pubblici, che fa chic e non impegna. Almeno su questo fronte le critiche sono sedate: e pazienza se nel frattempo all’altare dell’efficientismo e dell’emancipazionismo è stata sacrificata non soltanto la famiglia – a questo punto interamente ostaggio delle mura statali, che siano degli uffici o degli asili – ma la stessa innovazione; la quale, proprio come un dipendente fannullone, continua a dichiarare la sua presenza pur essendo da tempo, ingiustificatamente, assente.