La questione dell’ora di religione nella scuola dello Stato sta diventando argomento di interesse e a volte alcuni interventi generano un po’ di confusione.

Innanzitutto chiariamo la ragione per cui si insegna religione cattolica nella scuola dello stato in Italia. Si legge nel Concordato così: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.



Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.

All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione» [Legge n. 121 del 25 marzo 1985, Art. 9.2].



In questo modo si riconosce la valenza culturale dell’insegnamento, e si esclude che possa considerarsi una forma di catechismo, oppure di un privilegio concesso alla Chiesa Cattolica e negato ad altre fedi. Lo Stato prevede che, nel caso non ci si voglia, per qualsiasi ragione, avvalere di tale insegnamento, si possa chiedere che ci sia un’attività alternativa, da svolgersi in concomitanza a tale insegnamento, e predisposta dal Collegio Docenti, su richiesta dei genitori degli alunni (o degli alunni stessi, ove maggiorenni). La presenza di tale attività alternativa fa sì che l’IRC mantenga la sua caratteristica di insegnamento da svolgersi «nel quadro delle finalità della scuola», mentre sollecita una responsabilità reale delle famiglie nei confronti della scuola stessa. Siamo certamente preoccupati nei confronti della cosiddetta «ora del nulla», che si realizza quando la scuola non fornisce affatto possibilità reali di studio serio e motivato, ma non riteniamo che la legge attuale preveda – almeno stando a quanto si legge nelle norme – una qualsiasi forma di «ora» alternativa, cioè di materia curricolare di altra religione.



Certamente sarebbe buona cosa che chi vuole usare del tempo scolastico per approfondire in particolare i contenuti della religione islamica, non nella forma di una supplenza a un insegnamento religioso in forma di catechesi, ma di consapevolezza dei contenuti culturali di tale religione lo possa fare, rendendo la scuola più flessibile ai bisogni degli alunni e delle famiglie.

Una scuola che si fa padrona degli alunni e si fa educatrice dei contenuti religiosi propri ci sembra più un retaggio dell’Ottocento che una scuola moderna e aperta ai valori della civiltà di oggi e democratica in senso sostanziale.

 

La polemica estiva sui crediti scolastici, ecc… ha creato una mentalità che relega l’IRC ad essere un privilegio concesso alla Chiesa Cattolica, con l’aggravante che questo non è concesso ad altri soggetti e ad altre religioni. Ma tale discussione non ha certo giovato alla scuola nel suo insieme, perché ha contribuito a mantenere nella mentalità comune l’impressione che la religione sia un fatto sostanzialmente non rilevante per la cultura.

Vogliamo allora fare nostra l’indicazione di Benedetto XVI agli Insegnanti di Religione il 25 aprile 2009: «Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale – senza improprie invasioni o confusione di ruoli – si incontrano l’universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale. Grazie all’insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro».