Avevamo concluso lo scorso anno scolastico all’insegna del “mai più un anno così!”.
Dopo i tagli ai contributi per le scuole non statali (inaspettati, date le promesse elettorali e gli orientamenti politici dell’attuale Governo) e le conseguenti furiose battaglie condotte ad ogni livello, istituzionale e non, eravamo riusciti – insieme ad altre associazioni di scuole paritarie- a far ripristinare una situazione quasi analoga a quella dell’anno precedente. Situazione economica sicuramente non rosea, ma almeno temporaneamente accettabile. Quanta fatica, però. E quanta rabbia!
Speravamo non solo di aver recuperato i finanziamenti, ma anche di aver contribuito a consolidare l’idea, nell’opinione pubblica e nelle sedi istituzionali, che la scuola paritaria ha il diritto e il dovere di esistere, e che un eventuale taglio dei finanziamenti nei suoi confronti è insensato dal punto di vista educativo, improprio dal punto di vista legislativo (basti pensare alla legge 62/2000…) e controproducente anche per le stesse casse dello Stato.
Ci aveva un po’ confortato, in quei turbolenti mesi, la sensazione che comunque cominciasse a sgretolarsi il muro ideologico di separazione tra il cosiddetto “pubblico” e il cosiddetto “privato”, profilandosi all’orizzonte un pieno riconoscimento –con tutto quel che ne dovrebbe conseguire, anche economicamente- della funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie, grazie ai ripetuti pronunciamenti a favore della libertà di scelta educativa da parte di vari schieramenti politici, compresi alcuni fra quelli tradizionalmente ostili alla scuola non statale.
Pronunciamenti che erano arrivati sia in occasioni informali, sia attraverso le diverse mozioni parlamentari su questo tema approvate lungo tutto il corso dell’anno scolastico. Di queste ultime desideriamo, in questa sede, rammentarne almeno in parte il contenuto, poiché gli impegni assunti dal Governo sono assolutamente chiari e inequivocabili:
“provvedere con successivi atti all’introduzione di una effettiva libertà di scelta della scuola da parte delle famiglie” (seduta del 9 ottobre 2008);
– reintegrare il fondo per le scuole non statali e “garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni” (seduta del 13 novembre 2008);
– «garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie», nonché a “realizzare tali condizioni incrementando significativamente, fin dal disegno di legge finanziaria per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario, elevandole almeno a 600 milioni di euro, con un aumento del 10 per cento rispetto al 2008” (seduta del 6 maggio 2009);
– “reintegrare il fondo in bilancio previsionale 2010 "istituzioni scolastiche non statali " fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni” (seduta del 27 luglio 2009).
Ci sembrava che sulla base di simili premesse si potesse (anche se con un po’ di residuo tremore nelle gambe) riprendere con fiducia il cammino nel nuovo scolastico, sperando inoltre che quanto avevamo ottenuto, grazie alle battaglie sostenute, costituisse ormai un punto fermo. E invece no: ancora una volta, nella legge finanziaria e nella legge di bilancio dello Stato per il 2010, attualmente in discussione al Senato, risulta un pesante taglio per le scuole paritarie. Ancora più pesante di quello dello scorso anno.
Che dire? Siamo sconcertati. Le promesse non contano più nulla? Le mozioni ufficialmente approvate non hanno alcun valore? I risparmi di spesa che le scuole paritarie garantiscono allo Stato (circa 6 miliardi di euro all’anno!) non interessano al Governo? L’emergenza educativa, che necessita del concorso delle migliori risorse della società civile, non preoccupa più?
A costo di sembrare ingenui, vogliamo ancora una volta confidare che nel dibattito al Senato, e poi alla Camera, il Governo si ricordi di onorare gli impegni già formalmente assunti, quantomeno ripristinando la somma originariamente prevista di 535 milioni di euro, e provvedendo successivamente a realizzare misure economiche sulla parità scolastica che rientrino nelle norme generali dell’istruzione. La scuola italiana ne ha davvero urgenza per ripartire, e il nostro Paese ne ha bisogno per crescere nella libertà e nella democrazia.