Tornare alla storia e alle date. Questo l’imperativo per l’educazione scolastica lanciato ieri sul Corriere della Sera dal sociologo Francesco Alberoni e rivolto in primo luogo al ministro Gelmini. Tornare alle date per recuperare l’orientamento nello studio della storia sia dei fatti sia delle arti e della letteratura. Un elemento fondamentale per non tagliare i ponti con le proprie radici e in ultimo con la coscienza di sé. Per questo il professore vede di buon occhio alcuni punti sui quali insiste la riforma Gelmini nel suo annunciato ritorno alla serietà e al rigore in ambito scolastico



 

Professor Alberoni, lei fa un appello diretto al ministro Gelmini per un ritorno all’educazione tradizionale

Sì, in realtà non sono particolarmente un fan del ministro, la conosco e ne ho stima, tutto qui. Rivolgermi al ministro è in fondo un modo più semplice per spiegare le urgenze educative a tutti. Io mi auguro che il ministro Gelmini con il quale non ho mai parlato della riforma scolastica in sé prenda sul serio questo tema. Le ho invece parlato di questa mia particolare preoccupazione, le ho anticipato il fatto che avrei scritto questo articolo sulla mia rubrica del Corriere. Quello che tengo a sottolineare è il nostro abbandono, la nostra eliminazione della storia. Abbiamo eliminato il passato per mettere in evidenza solo ciò che va dal Fascismo alla Resistenza. Poi seguendo il modello americano abbiamo trascurato l’insegnamento della sequenza cronologica degli avvenimenti. Per fuggire il nozionismo ne abbiamo creato uno peggiore che varia soltanto da una categoria all’altra di eventi senza approfondirne realmente il contesto storico o culturale.



Lei ha appena incolpato, come peraltro nella sua rubrica, il modello americano. Pensa che sia la sola causa di questa situazione?

Assolutamente no. In Italia il più grande nemico del passato è il marxismo. La tradizione comunista italiana dà importanza al Fascismo e alla Resistenza, proprio come in Unione Sovietica dove si cominciava a studiare la storia del Paese partendo  dalla rivoluzione d’ottobre. Tutti i regimi totalitari fanno cominciare la storia dalla propria fondazione, anche il Fascismo creò l’Era Fascista. Ma dopo il fascismo in Italia si è insinuata una forte tradizione marxista che tende a cancellare la storia passata. E questo non dal ’68 ma da prima, dagli anni ’50. La lotta cominciò contro lo storicismo di Croce. Poi si sono aggiunti i modelli educativi americani che si basano su un concetto di storia il quale parte appena dalla loro Dichiarazione di Indipendenza. Non hanno una tradizione storica tale che li costringa a domandarsi chi sono, forse la avranno. Ma un paese europeo non può permettersi che l’educazione dei propri cittadini trascuri le proprie radici. Pensiamo a tutti i quadri del ’600, italiani e francesi, che ritraggono soggetti mitologici greci e romani. La nostra storia greco-romana-ebraico-cristiana è ancor più complicata della storia. Non insegnarla è un danno gravissimo per i nostri studenti.



Da dove si deve ricominciare per infondere la passione allo studio nelle scuole?

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Sembra paradossale, ma non lo è. La passione nasce conoscendo qualcosa, ma per conoscerla occorre fare fatica. Per questo dico brutalmente di tornare a insegnare le date. Sapere le date non è un esercizio monotono per il gusto di infliggere noia agli studenti, ma proprio per consentir loro di appassionarsi a una storia, che è la loro storia. Come si fa a vivere il quotidiano senza sapere quando c’è stata l’invasione araba dell’Impero d’Oriente? Qual è la storia dei popoli coi quali oggi ci troviamo a che fare? Però per sapere occorrono i punti di riferimento, i paragoni, una conoscenza del contesto. Occorre comprendere com’era la situazione europea quando Colombo scoprì l’America. Solo con una conoscenza cronologica precisa è possibile fare collegamenti e riflessioni interessanti.

 

Che riscontro educativo si aspetta a livello umano?

 

La conoscenza di se stessi. Non solo per la fondamentale importanza di comprendere le proprie radici, ma anche la propria storia personale. A volte mi trovo davanti ad alcuni giovani che non sanno ripercorrere la storia della propria vita. Questo perché sono disabituati a scandire il tempo della propria esistenza. «Sono stato a Ibiza nel 1992». Ma non sanno se quando erano a Ibiza frequentavano le medie o il liceo, non sanno dove sia Ibiza, non sanno nemmeno in che condizioni storiche versasse l’Italia nel 1992. Come si può vivere una vita senza memoria? Finiremo tutti come Bruneri e Cannella.

 

Le colpe non sono anche della classe docente?

 

Anche, ma in parte. I docenti sono a loro volta vittime di una serie di modelli pedagogici ed educativi che hanno di fatto distrutto la scuola. Che cosa possono insegnare se a loro volta sono stati privati di un metodo? Faccio un esempio molto terra terra: pensiamo a quanti professori sono ospiti ai quiz televisivi e a quante figuracce si sottopongono. Molti di questi insegnanti hanno tacciato il Ministro Gelmini di essere reazionaria, ma l’unico modo per ricostruire la memoria storica è quello tracciato da un ritorno al metodo abbandonato da cinquant’anni. Non si studia più la storia della letteratura, si va per argomenti. Spiegatemi come si può comprendere una tematica affrontata da Dante e una da Boccaccio senza la coscienza del loro rispettivo contesto storico, pur distante di pochi anni ammesso che uno studente sappia chi è Boccaccio. sua non lo conosce più perché se l’è dimenticata gli studenti. Non sa cosa succedeva nel contesto.

 

Secondo lei c’è chi trae vantaggio dalla diseducazione collettiva?

 

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Diciamo che nel caso italiano l’ignoranza è funzionale a tutti i poteri che hanno interesse a distruggere la civiltà cristiana. E non parlo tanto dei liberali dell’Ottocento con la passione per i miti pagani, piuttosto ripeto: principale responsabile è stata la lunga ideologia marxista che ha serpeggiato per decenni nella nostra classe dirigente. La storia coincide con la rivoluzione.

 

Quindi non è un caso che una riforma più rigorosa in termini educativi arrivi da un governo di destra?

 

Non è un caso che l’Onda se la prenda con quella riforma. Ben inteso, in un altro Paese dove non c’è stato un Togliatti magari una riforma simile potrebbe benissimo arrivare dall’ala sinistra di un Governo. Ma qui l’interesse a indebolire i nemici cristiani, quindi volenti o nolenti, le nostre radici è stato davvero e continua ad essere fortissimo.

 

Quindi è d’accordo con chi vuole che non si tocchi l’ora di religione?

 

No, per quello che oggi rappresenta, si potrebbe pure togliere. Se l’insegnamento della religione fosse strutturato in maniera decente sarebbe una delle materie principali per una sana educazione culturale. Perché non si parla di Storia del Cristianesimo? Sarebbe molto bello se si passassero ore a studiare San Tommaso, il Concilio di Trento, le riforme della Chiesa, in Italia e in Europa. Questo riempirebbe di senso l’ora di religione e sarebbe molto più catechetico. Oggi gli studenti fuggono quell’ora, ma soprattutto evitano la brodaglia relativista che i docenti propinano loro insegnandogli che tutto è uguale a tutto.