Il PDL Aprea si inserisce nel solco virtuoso della attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche pubbliche aperto dalla legge Bassanini (art.21 L. 59/1997) e proseguito nel 2001 con l’inserimento nell’art. 117 della Costituzione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. In tali norme è contenuto un incipit fondamentale nella stessa vicenda storica della nostra legislazione scolastica e ciò in due sensi: da un lato perché, dando il giusto rilievo agli elementi della gestione economica, si rende possibile il passaggio dalla concezione dell’istruzione come funzione alla concezione dell’istruzione come servizio, d’altro lato perché, spostando a valle competenze centralizzate, si da pratica applicazione al principio di sussidiarietà verticale posto ormai dall’art. 118 Cost. come criterio normale dell’allocazione delle funzioni amministrative.



Tuttavia quell’inizio non ha trovato, come noto, nessun seguito nella legislazione successiva e quindi è merito del progetto di legge riprendere con vigore tale itinerario, affermato soltanto a livello di principi.

Se questo è il movente fondamentale del progetto di legge mi pare che esso dovrebbe più esplicitamente agganciarsi alla normativa menzionata e costituire innanzitutto norma di attuazione costituzionale volta a preservare l’affermata autonomia dalle intromissioni legislative e amministrative sia statali che regionali che locali. A somiglianza di quanto avvenuto per l’Università le norme statali qui hanno il compito di indicare il perimetro dell’autonomia ma non di occuparlo. Si tratta certo di norme generali sull’istruzione ma di un tipo e con un fine particolare che è quello di preservare lo spazio dell’espressione autonoma delle istituzioni scolastiche, norme quindi che non debbono definire il campo ma aprirlo alle altre e diverse norme e regole proprie allo stesso e che saranno quelle dell’autonomia. E le norme dell’autonomia troveranno a loro volta dei limiti nelle norme generali sull’istruzione e in quelle relative ai livelli essenziali delle prestazioni destinate a soddisfare il diritto all’istruzione.



Se si esamina il campo dell’istruzione nel nostro paese alla luce dei criteri comunitari sui servizi di interesse generale (SIG) e sul cd. servizio universale, ci troviamo di fronte a una parte del servizio (scuola pubblica) in cui il finanziamento pubblico della struttura amministrativa garantisce la gratuità dell’accesso e ad un’altra parte del servizio (scuola paritaria) che fatica, con gli strumenti a disposizione (contribuzioni pubbliche, buoni scuola) a rendere il servizio a “un prezzo abbordabile” (secondo la dizione comunitaria). Da un puro punto di vista del mercato del servizio, ciò conduce a distorsioni a causa delle quali appare impedita o resa molto difficoltosa la rappresentazione stessa del servizio in termini economici e di bilancio e la formazione di un prezzo del servizio. Il che si riflette poi assai negativamente sull’intero sistema contrassegnato dalle tipiche diseconomie delle amministrazioni finanziate a piè di lista. Ecco quindi la grande importanza che riveste l’occasione del PDL quella di identificare opportunamente le unità di produzione del servizio e le loro regole di economicità e di adeguare a queste le forme giuridiche. Si tratta di una precondizione che rende possibile promuovere e rappresentare il mercato del servizio.



Certo occorrerà cominciare a distinguere la rete, la sua manutenzione e il suo rinnovo (e per questo devesi intendere il complesso degli edifici ma anche l’organizzazione che oltrepassa il singolo istituto) dal servizio sulla rete che può da un punto di vista economico essere affidato alla singola istituzione scolastica autonoma.

Questi i primi elementi perché sia possibile formulare un bilancio cioè una prima raffigurazione dell’attività economica della singola istituzione. Sarà un bilancio quindi del servizio che non comprende le spese di investimento sulla struttura (edilizia in particolare) ma che comprenderà le spese di fornitura del servizio e quindi essenzialmente le spese per il corpo docente.

Si tratta quindi in primo luogo di implementare quella autonomia della gestione già presente nella legge Bassanini nel D.P.R. 233/1998 nel D.P.R. 275/1999 e nel D. Interm. 1-2-2001 n. 44. Secondo tale normativa gli istituti che conseguono l’autonomia hanno una propria dotazione finanziaria e patrimoniale (art. 21 c. 5 L. 59/1997), redigono un proprio bilancio, possono liberamente ricevere erogazioni liberali a titolo gratuito, hanno possibilità di ricercare risorse finanziarie aggiuntive pubbliche e private (art.6 c.3 D.P.R. 233/1998), gestiscono patrimonio e bilancio anche in deroga alle norme sulla contabilità dello Stato (art.14 c.3 D.P.R. 275/1999 e D. Interm. 1-2-2001 n. 44)). La figura del Preside è trasformata in quella del “Dirigente” che assume la responsabilità per la gestione della scuola, sia per quanto riguarda le risorse finanziarie e strumentali che per quanto riguarda i risultati del servizio; a lui fanno capo le decisioni in materia di amministrazione, le relazioni sindacali, la contrattazione sindacale connessa con il Piano dell’offerta formativa dell’Istituto (cfr. CCNL comparto scuola 2002-05).

Occorre quindi che nel PDL sia adeguatamente messa in risalto la formazione del bilancio della istituzione seguendo le tracce della normativa già esistente e integrandola. In particolare la formazione del bilancio permetterà di identificare le diseconomie della singola istituzione per rapporto alle sue dimensioni e al suo legame con il territorio, permetterà di condurre dei confronti economici fra istituzioni diverse e permetterà di prendere dei provvedimenti circa la dimensione economica ottima anche in rapporto all’economia del territorio. Nel bilancio lentamente dovrà formarsi una voce corrispondente a quella comunitaria propria dei servizi universali e denominata “compensazione degli obblighi di servizio”; a questa corrisponderà il trasferimento pubblico per singola istituzione comprensivo degli oneri per il personale. In fase di prima attuazione il trasferimento delle risorse pubbliche alle istituzioni scolastiche autonome potrà essere fatto in base al criterio della “quota capitaria” enunciato all’art. 11 del PDL.          

La gestione di bilancio importerà responsabilità e controlli. Ciò significa una precisa responsabilità degli amministratori dell’istituzione autonoma, che si noti, avrà personalità giuridica. La gestione economica deve quindi essere affidata a persone capaci e responsabili. Codeste persone, il cui numero non si può immaginare che ristretto, dovrebbero costituire il Consiglio di amministrazione dell’ente responsabile della gestione del servizio scolastico.

A mio avviso quindi l’organo che attualmente nel PDL è chiamato Consiglio di amministrazione dovrebbe diventare un organo di tipo più assembleare o un Comitato elettivo con pochissime funzioni consultive ed essenzialmente con la funzione di formare lo Statuto della istituzione autonoma e procedere a scadenze prestabilite alla nomina del Consiglio di Amministrazione. Eleggibili al Consiglio potrebbero essere tutte le persone che nello stesso PDL possono far parte del Consiglio come configurato nello stesso PDL e che comunque potrebbero essere estranee al novero delle persone componenti il Comitato/Assemblea di cui ho parlato. Escluderei tuttavia gli studenti dalla possibilità di voto nei riguardi della approvazione dello Statuto e di elettorato attivo nei confronti del Consiglio di amministrazione. Per gli eligendi al Consiglio di amministrazione dovrebbero essere previsti precisi requisiti di capacità.

Va poi previsto un sistema di controlli di auditing da attribuire presumibilmente alla Sezione locale della Corte dei Conti.

Onde tuttavia riservare il dovuto spazio normativo alla autonomia costituzionale e quindi statutaria della singola istituzione, la normativa statale non si dovrebbe inoltrare nella disciplina di dettaglio del funzionamento e dei poteri degli organi della scuola autonoma.

Giustamente il PDL persegue un obiettivo di separazione tra funzioni di “indirizzo e programmazione” e di “gestione e coordinamento” . Tuttavia affidare la gestione e il coordinamento in toto al dirigente scolastico, significa mortificare completamente l’autonomia gestionale delle istituzioni scolastiche. Per questo è necessario affidare a un Collegio rappresentativo l’elezione dell’organo di gestione autonomo del quale potrà far parte eventualmente anche il dirigente scolastico.

Ma la distinzione corretta da cui partire in tema di servizio pubblico, anche a sensi della normativa comunitaria è quella tra “governo” e “gestione” del servizio. Affidata dunque la “gestione” del servizio alle istituzioni scolastiche autonome, il “governo” nell’assetto costituzionale attuale rimane ripartito fra livello centrale (Ministero- norme generali sull’istruzione/livelli essenziali delle prestazioni) Regioni (organizzazione della rete di strutture sul territorio/diritto allo studio) e strutture autonome (piano dell’offerta formativa, modalità del perseguimento del risultato educativo-didattico del tipo di scuola, determinazione del monte ore e degli orari).

Le istituzioni scolastiche autonome dovrebbero opportunamente affidare i compiti del governo a strutture competenziali idonee e quindi, si può ipotizzare in parte al Collegio dei docenti e in parte al Comitato/Asseemblea di cui sopra, con il risultato di tenere opportunamente separate funzioni di governo e funzioni di gestione.

Appare distonica e incoerente poi la disposizione che estende l’applicazione delle norme ordinamentali delle istituzioni scolastiche pubbliche autonome alle scuole paritarie private, evidentemente regolate dall’art. 33 Cost. e non soggette alle stesse regole delle scuole statali.