Il concetto di valutazione nella scuola ha avuto una evoluzione secondo il seguente percorso: dalla funzione selettiva alla funzione formativa, da operazione semplice e individuale a operazione complessa e collegiale, da raccolta di dati a progetto formativo individuale.

La recente bozza di regolamento sulla valutazione degli apprendimenti degli alunni richiama fortemente il valore formativo della valutazione, utilizzando termini di uso quotidiano come valutazione, verifiche, certificazione, il cui significato però non sempre risulta condiviso tra i docenti e le famiglie.



Nonostante le diverse fasi che si sono susseguite nella riflessione sulla tematica in oggetto e al di là della modalità di espressione- voti, lettere,  giudizi analitici, sintetici, globali- in molti casi la critica di fondo rimane la soggettività dei giudizi, nonché l’insegnamento inteso come processo indirizzato a potenziare capacità già presenti, senza peraltro il coinvolgimento e il confronto continuo tra i diversi attori del processo educativo.



Infatti ancora oggi si ribadisce che la promozione da una classe all’altra avviene con la sufficienza attraverso la misurazione (assegnazione voto), la valutazione finale (proposta nel consiglio di classe).

Il ritorno al voto non ci spaventa, ma ci spaventa la possibilità di cancellare un passato di studio e di ricerca che ha tentato di spostare l’asse dell’interesse professionale dal quadro diagnostico, pertanto soggettivo, mediante i vari tipi di prove tradizionali per definire conoscenze, abilità e a volte anche competenze complesse in relazione a obiettivi e programmazione, ad un quadro di descrizione del processo di apprendimento, di maturazione del pensiero, delle consapevolezze raggiunte, mediante la collaborazione e la partecipazione dello studente stesso, che diviene consapevole di ciò che sa e sa fare.



La più recente ricerca educativa indica quale strada da percorrere il passaggio dalla valutazione tradizionale alla valutazione autentica dell’apprendimento: si chiede al docente di progettare compiti significativi, privilegiando una didattica laboratoriale, di suscitare interessi, di tener conto di tutte le dimensioni di sviluppo e di crescita dell’alunno, stabilire e comunicare a studenti e famiglie traguardi da raggiungere e criteri di valutazione; si chiede allo studente responsabilità e diretto coinvolgimento nel proprio processo di apprendimento, l’applicazione cioè della propria conoscenza in contesti reali, rivelando così padronanza e competenza.

Si passa da una concezione in cui lo studente pensa che sia il docente a fargli capire e a dovergli insegnare le cose (non è colpa sua se le cose non vanno bene) alla concezione in cui l’apprendimento è a carico di tutti i soggetti. Il docente è promotore dell’apprendimento e lo studente è esaminatore di se stesso, che si fa carico di muoversi nella direzione a lui più consona, scegliendo tra diverse possibilità. (si mette in gioco responsabilmente).

Relativamente ad una valutazione di qualità nella nella C.M. 10/09 vengono indicati  i criteri essenziali: la finalità formativa; la validità, l’attendibilità, l’accuratezza, la trasparenza e l’equità;
la coerenza con gli obiettivi di apprendimento previsti dai piani di studio; la considerazione sia dei processi di apprendimento sia dei loro esiti; il rigore metodologico nelle procedure; la valenza formativa.

Conciliare principi condivisibili con una valutazione in decimi è possibile solo nella misura in cui i docenti assumono la responsabilità di non catalogare gli alunni, ma di accompagnarli nel loro percorso educativo e formativo mediante tappe significative (criteri o ambiti specifici di osservazione) articolate in indicatori e descrittori.

Ancora una volta è chiamato in causa il collegio docenti, nei suoi diversi momenti di lavoro trasversale e disciplinare,  che, in relazione a obiettivi formativi e cognitivi,  deve darsi strumenti condivisi per l’osservazione e stabilire la corrispondenza tra indicatori, giudizio e voti,  che deve comunque essere dichiarata e socializzata ad alunni e famiglie.

Solo così il voto numerico acquisisce un senso e assolve alla funzione primaria della scuola: educare istruendo.

La lettura del documento fa sorgere tuttavia alcuni interrogativi circa le pratiche suggerite: certificazione delle competenze con valutazione in decimi, documentazione sul processo di maturazione dell’alunno (perché non il portfolio?), non ammissione degli alunni alla classe successiva con una sola votazione inferiore a sei decimi in una materia o gruppi di materie, cosa si intende per gruppo di materie?

Si tratta per ora solo di una bozza di schema di regolamento; ci auguriamo che la prossima edizione definitiva, fedele ai principi espressi, sia chiara nel percorso che ogni scuola, pur nella sua autonomia, dovrà seguire.