L’intervento recente di Max Bruschi che richiama “suggestioni importanti che possono venire dal mondo della scuola” offre l’opportunità per proseguire una riflessione sulla formazione iniziale dei docenti in vista della prossima emanazione di una nuova normativa di riferimento.

L’articolato documento prodotto dalla “Commissione Israel” pubblicato sul sito del Miur contiene, tra l’altro, alcune linee orientative sulle modalità di realizzazione del Tirocinio Formativo Attivo (TFA) che meritano qualche considerazione.



Al TFA spetterebbe il compito di riempire in due sensi la fase di transitorietà apertasi con la chiusura delle SSIS: da una parte, attivare nell’immediato un percorso che conduca all’abilitazione i laureandi e neolaureati in materie vocate all’insegnamento che ne siano privi (e su questo piano la direzione intrapresa è chiara: fino tutto il 2011 i prerequisiti di accesso al TFA sono gli stessi che regolavano l’accesso alle SSIS); dall’altra, costruire in anticipo la confluenza del nuovo itinerario formativo per insegnanti della scuola secondaria (riassumibile nello schema 3+2+1) posto che quello per insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria è e sarà diverso anche per quanto riguarda il tirocinio.



Il TFA è disegnato come un “corso abilitante all’insegnamento istituito dalle università”, è provvisto di un ingresso a numero programmato, di una durata annuale e di un esame finale. Il percorso consta di quattro gruppi di attività cui sono attribuiti, come ad un qualunque corso sotto il controllo della università, dei crediti formativi universitari (CFU) distribuiti variamente. Sono riconosciuti 18 CFU agli insegnamenti di materie pedagogiche, 21 ai laboratori di didattiche disciplinari, 12 al tirocinio svolto a scuola e suddiviso in fase osservativa e fase di insegnamento attivo, 9 alla discussione di una relazione/tesi finale conclusiva.  



La cooperazione tra l’università e la scuola si concretizza nella delineazione di una figura di insegnante “tutor” che affianca il tirocinante durante le azioni svolte in classe, condivide con i docenti universitari la gestione delle pratiche laboratoriali e partecipa come co-relatore alla discussione della tesi conclusiva di tirocinio.  

Questo tipo di conferimento del titolo abilitante (l’anno di TFA) deve essere commisurato non solo alla necessità di avere un docente preparato nella disciplina che insegna, ma anche e soprattutto di averlo capace di utilizzare ciò che sa per farne occasione di apprendimento (cultura) da parte delle classi che gli sono affidate.

In questo senso la curvatura non dovrebbe essere sulla tipologia del corso universitario, quanto su quella dell’anno di prova. Lo stesso documento della Commissione ad un certo punto recita: “Il TFA risponde all’esigenza da più parti ribadita di formare il futuro insegnante non in modo meramente teorico ma con un’esperienza che sia effettivamente “sul campo”.

Non è qui il caso di addentrarsi in problemi di natura amministrativa che potranno essere facilmente risolti grazie ad una collaborazione tra le università e gli uffici scolastici regionali. Preme invece sottolineare che un ripensamento del contenuto dei percorsi abilitanti potrebbe (dovrebbe!) portare alle seguenti conseguenze:

Ripensamento dell’intera “collocazione” del TFA (molto di più nella scuola che nella università) con conseguente incremento dei crediti da acquisire nella pratica sul campo. Una ipotesi potrebbe essere quella di accorpare i 12 CFU del tirocinio attivo con una frazione dei 21 CFU dei laboratori (ad esempio 9 o più CFU), da assegnare anch’essi alla scuola come tirocinio osservativo.

Ripensamento dell’insegnamento attivo anche nella forma giuridico-economica che consenta ai tirocinanti di assumersi responsabilità (ad es., contratto di formazione-lavoro dotato delle coperture assicurative necessarie per le prestazioni richieste).

Ripensamento della prova finale per il conseguimento dell’abilitazione professionale all’insegnamento in termini di un rigoroso esame di Stato: in questa ottica la relazione potrebbe assumere il carattere di un esempio di lezione da eseguire in classe.