Il Ministero della Pubblica Istruzione ha recentemente presentato la sperimentazione sull’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, introdotto nelle scuole di ogni ordine e grado dalla legge 169/2008, finalizzata a elaborarne le strutture e gli strumenti didattici per i prossimi anni scolastici.
Il tema è scottante. Sappiamo bene infatti che l’educazione alla cittadinanza ha generato e genera, in diversi paesi europei, scontri e tensioni che appartengono a quella che Giuliano Ferrara definirebbe una battaglia culturale.
D’altra parte la questione è tale da sfidare la posizione culturale di ognuno, mettendo a tema il punto centrale di tutta la struttura del nostro vivere civile, per come si è venuto sviluppando negli ultimi duemila anni: qual è il rapporto tra la singola persona, le formazioni sociali in cui è inserito e il potere dello Stato, cioè, in altri termini, cosa vuol dire essere cittadino.
Non sarà indifferente allora l’approccio con il quale questa sperimentazione verrà affrontata, dal punto di vista delle finalità, dei contenuti e della didattica. Per meglio dire, non sarà indifferente sapere se ci sarà un approccio solo o se sarà possibile sviluppare più punti di vista, più modalità di lettura e di articolazione di un tema che riguarda tutti.
Il principale rischio da evitare è quello che insidia tutta la scuola italiana, quello dell’astrattezza, dell’impostare una didattica che sia solo trasmissione formale di valori in sé sacrosanti, che però prescinde o sorvola l’esperienza concreta che ognuno fa di una dimensione fondamentale del vivere civile.
La cittadinanza, infatti, è innanzitutto un fatto – un fatto della vita: nascere in un certo luogo, da certi genitori, in determinati contesti culturali e politici – che viene sancito in termini giuridici. In altri tempi, avremmo detto che è l’appartenenza a un popolo. Questo vale senz’altro per chi è cittadino italiano, e contemporaneamente costituisce una ottima base per sviluppare il tema del rapporto nei confronti di chi non lo è, e che spesso è giustamente fiero delle sue radici e del suo provenire da una nazione lontana. Dalla cittadinanza come fatto nasce il tema dell’ospitalità, anch’essa concreta: ospitalità nei confronti di chi viene da lontano, e contemporaneamente capacità di accogliere nell’esperienza il modo di vivere, i valori, la storia e i riferimenti delle persone e del contesto dove le vicende della vita hanno portato un ragazzo.
Essere partecipi del fatto della cittadinanza implica la dimensione della responsabilità. Ciò a cui appartengo mi appartiene, e appartiene a me come a chi vive con me, compagni di scuola, docenti, genitori, familiari, etc.
Su questa dimensione di esperienza elementare si innesta l’aspetto storico, filosofico, giuridico, che sostanzia l’essere cittadino, il vivere in modo attivo, responsabile e consapevole la dimensione sociale della propria esistenza.
Per evitare il rischio dell’astrattezza nel preparare la sperimentazione e la formazione dei docenti per l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, bisogna avere presente due possibili false partenze:
Utilizzare la Costituzione come testo base per articolare l’insegnamento, in quanto facilmente si rischia di impantanarsi o nella deriva legalistica, e quindi astratta (la norma positiva, e soprattutto la norma costituzionale come costitutiva della cittadinanza) o la deriva “dei valori” (la Costituzione come tavola dei valori su cui si fonda l’essere cittadini) a prescindere dall’esperienza concreta di quello che significa quotidianamente essere cittadini
Un approccio troppo “culturale”, troppo basato cioè sulla preparazione sui grandi temi, che da un lato lascia irrisolto il problema degli insegnanti di avere un modo concreto di affrontare la possibilità, a partire dal prossimo anno scolastico, di mettere in campo sperimentazioni innovative, e dall’altro rischia di non arrivare a supportare l’intero percorso tra l’esperienza di ognuno, le concrete dimensioni di responsabilità, di diritti e di doveri e i testi giuridici gli snodi storici e culturali che hanno sostanziato in modo specifico il contesto della democrazia italiana.
Un’ipotesi di struttura didattica
Come contributo all’approfondimento culturale e al lavoro che attende i docenti già in previsione dell’offerta formativa per l’anno prossimo, l’associazione Diesse Lombardia ha cominciato a delineare alcune questioni che chiedono di essere discusse e verificate in un lavoro comune.
Prima di tutto, la narrazione: cosa vuol dire essere cittadini.
La narrazione è il primo oggetto della didattica, e si sviluppa secondo modalità che devono essere alla portata degli studenti. Ad esempio per le elementari la dimensione da sviluppare è l’esperienza di cosa vuol dire far parte di un contesto di popolo. Si può partire da date significative per introdurre in modo evidente, per immagini e storie, cos’è il portato dell’Italia comunale e medievale, il lascito di Roma, l’Italia dei nostri nonni, dei nostri padri e nostra, la fine della dittatura e la Costituzione della Repubblica, fino ad arrivare a fare emergere le formazioni sociali (che la Repubblica riconosce e “nelle quali si svolge la personalità…” art. 2) che ognuno vive, come la famiglia, fino alla dimensione istituzionale per come il bambino la conosce (Il vigile è il Comune: perché si occupa della sicurezza dei bambini che attraversano la strada per andare a scuola?).
Evidentemente alle medie la dimensione della narrazione dovrà essere sviluppata attraverso l’attualità (in questo possono aiutare film, TV, giornali, Internet) ma il percorso è quello sopra evidenziato: dalla mia condizione alla scoperta della dimensione pubblica, istituzionale, in cui io ho diritti, doveri, libertà e responsabilità sociali.
Alle superiori il tema è quello della riflessione e dell’affronto di testi storici, filosofici, giuridici che mostrino cos’è il rapporto dell’uomo con la sua libertà di associarsi, di dar vita a formazioni stabili, con il potere pubblico, quali i suoi scopi, i suoi limiti, le sue derive, le sue vicende storiche e culturali.
In questa dinamica lo studio della Costituzione della Repubblica Italiana costituisce il punto in cui queste dimensioni possono essere affrontate in modo interdisciplinare, cogliendone tutta l’importanza storica, l’equilibrio, la funzione di garanzia e i limiti.
I concetti: la narrazione fa emergere grandi temi, come la libertà, la tradizione, i fondamenti pre-giuridici della democrazia, l’incontro con l’altro, l’ospitalità
Questi temi vanno sviluppati attraverso incontri con esperti esterni, con testimonianze, con dibattiti, con lavori di gruppo e approfondimenti di varia natura.
Il glossario: è fondamentale che da questo lavoro nasca una collana di termini, di parole, di definizioni che, mirate per l’età degli studenti, permetta loro di “portare a casa” gli elementi essenziali che costituiscono, strutturano e definiscono l’essere cittadino, le dimensioni della partecipazione, i criteri di analisi critica rispetto alle proposte sociali, culturali, politiche che una persona riceve nel suo crescere, responsabilizzarsi, integrarsi.
Un approccio di questo tipo favorisce un percorso di tipo multidisciplinare, soprattutto dove, come alle medie e alle superiori, intervengono più docenti, che apportano ognuno lo specifico sguardo didattico.
Un fondamento per un nuovo insegnamento
La partenza dalla esperienza elementare di ogni allievo comporta la necessità di fondare il percorso didattico, e quindi l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione su elementi forti, in grado di caratterizzare l’offerta nella sua specificità, anche rispetto all’insegnamento del diritto, e di evitare il rischio sempre presente che questi momenti diventino semplicemente la prosecuzione, sotto altro nome della materia insegnata dal docente incaricato.
Il fondamento è focalizzato su due grandi “oggetti”, che possono da un lato connotare il percorso e dall’altro determinarne la dinamica di sviluppo.
Il primo fondamento potrebbe essere rintracciato negli artt. 2 e 3 della Costituzione, nei quali emerge in modo esplicito il ruolo primario della persona e delle formazioni sociali rispetto allo Stato, nonché la dinamica per cui lo Stato riconosce, in termini pubblici e istituzionali ciò che esiste prima di lui. Ciò che è necessario per fondare l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione è riflettere sui fondamenti pre-giuridici del vivere associato, riconosciuti anche dalla nostra Carta Costituzionale e dai quali essa stessa prende vigore e valore.
Per assolvere a questo compito occorre recuperare, come altro fondamento, la nozione di ragione come apertura alla realtà, secondo la categoria della possibilità. Riconoscere l’esperienza di cittadinanza degli allievi come il fuoco dell’insegnamento, riconoscere il valore fondante e preesistente delle formazioni sociali rispetto allo Stato, valorizzare le potenzialità della società nel farsi carico delle necessità pubbliche, secondo il principio di sussidiarietà, significa cominciare a esemplificare e a dar sostanza a una struttura dei rapporti tra potere e persona che non riduca questi a una “razionalità parametrica” per cui obbedisco alla legge perché ne ho calcolato la convenienza, ma apre lo spazio per una riflessione su un sistema di rapporti per cui “quidam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam communitatis habet promulgata” (Summa Theologiae Prima Secundae, q. 90, art. 4)