L’ultima notizia di cronaca è che a Napoli si pagavano seimila euro per scalare la graduatoria e ricevere gli incarichi di supplenza annuale dai capi d’istituto. Questo episodio mi ha rafforzato nella convinzione che se una scuola è autonoma, anche il reclutamento deve smettere di essere un tabù. Alcuni progetti di legge in discussione (come il Pdl Aprea) propongono il concorso a livello di Istituto. Chi si oppone (certa sinistra e i sindacati, ad esempio) lo fa con un argomento semplice ed efficace dal punto di vista della comunicazione: l’unico metodo che garantisce l’imparzialità e impedisce abusi è quello attuale. La cronaca ha finalmente svelato che non è così.
Chi in buona fede è contrario al superamento delle graduatorie secondo me è consapevole che questo sistema peggiora la qualità complessiva del sistema. Se lo “accetta” è per una sua presunta supremazia dal punto di vista delle parità di condizioni di accesso, ma se cade questo presupposto? Con la “chiamata diretta” da parte delle singole scuole non solo si farebbe un passo avanti verso una piena autonomia delle scuole, ma soprattutto si avrebbe una scuola più attrezzata per affrontare i problemi che ha di fronte. Determinato a livello centrale l’organico, la scuola, in autonomia, decide come utilizzarlo (per quali cattedre, per quali funzioni) in funzione del proprio progetto didattico e formativo (POF) e individua (decida il legislatore con quali modalità) tra gli abilitati quelli più rispondenti al proprio POF (quello con una specializzazione particolarmente adatta, quello che ha sviluppato caratteristiche umane e professionali più adeguate a quel contesto…). Perchè il meccanismo funzioni credo siano necessari alcuni vincoli (ne propongo qui due) e una “condicio sine qua non”.
Poichè concordo con chi lamenta una scarsa preparazione dei dirigenti a selezionare risorse umane, il primo vincolo che proporrei al legislatore è prevedere una formazione specifica obbligatoria per accedere alla carica di dirigente. Alcune esperienze (poche) ci sono, ma la partecipazione è lasciata alla buona volontà dei singoli. Secondo vincolo: prevedere verifiche in itinere e una fase sperimentale. A dire il vero pochi lo sanno, ma già accade da tempo in alcune scuole; tra queste una scuola che – ironia della sorte – è per la sinistra un modello da valorizzare: la secondaria di primo grado Rinascita-Livi a Milano. Ogni anno in quella scuola si fa un concorso di istituto per assegnare le cattedre vacanti e dopo un anno il collegio vota se confermare il docente di ruolo individuato tramite concorso sulla base del parere di una commissione di valutazione. Personalmente non farei decidere al collegio, ma mi sembra un compromesso accettabile.
Infine la precondizione che per me è assolutamente necessaria: la valutazione. La valutazione è un elemento imprescindibile se si vuole introdurre una responsabilità diretta da parte delle scuole nel reclutamento. Inoltre, un’effettiva autonomia degli istituti scolastici implica la necessità da parte dello Stato di effettuare un periodico monitoraggio dei risultati, sia nell’ottica di garantire ai cittadini che le singole istituzioni adempiano efficacemente alla funzione cui sono preposte, sia per identificare eventuali criticità sulle quali intervenire o esempi di buone pratiche da premiare, valorizzare e “modellizzare”. Giova a questo proposito richiamare il documento INVALSI del dicembre 2008 a firma Checchi, Ichino e Vittadini, che afferma: «La valutazione delle scuole [deve] fondarsi principalmente su una misurazione dell’apprendimento degli studenti che tenga conto delle condizioni di partenza e di contesto in cui gli studenti vivono e le scuole operano (valutazione definita tecnicamente come misurazione del “valore aggiunto” delle conoscenze). […] Il primo pilastro della nostra proposta è quindi costituito da un sistema standardizzato di valutazione di questi apprendimenti, che consenta di integrare la valutazione formativa quotidianamente effettuata dagli insegnanti nelle loro classi con un punto di riferimento esterno capace di garantire la comparabilità trasversale dei risultati conseguiti e conseguibili».
Discutiamo dunque della fattibilità di un modello di reclutamento alternativo a quello delle graduatorie anche perchè un professionista (e il docente è un professionista) va reclutato come si reclutano i professionisti e non come un qualunque altro dipendente pubblico. Una sola preghiera: l’argomento dei possibili abusi risparmiatecelo. Mica per altro: è capzioso. Se il problema sono i possibili abusi non ci sono metodi infallibili: l’unica strada è far rispettare le regole che ci diamo, qualunque esse siano.