La recente proposta della “commissione Israel” in merito alla formazione quinquennale degli insegnanti di scuola dell’infanzia ha già ricevuto acuti commenti su queste pagine. Essa suscita, anche solo da un punto di vista comparativo, l’interrogativo su come sia regolata questa materia altrove in Europa.
Scorrendo qualcuno fra i rapporti nazionali del programma Eurydice scopriamo che in molti paesi sia il maestro della scuola dell’infanzia sia il maestro di scuola primaria frequentano solo il primo grado del percorso universitario, della durata di tre anni. Considerando il fatto che alcuni sistemi scolastici in Europa prevedono il termine degli studi secondari al 18mo anno, l’Italia avrebbe un curriculum più lungo di due o addirittura di tre anni.
In Finlandia, il paese con i migliori risultati nei test PISA, la formazione per il grado della scuola dell’infanzia è passato all’università nel 1995, e l’intero settore è stato oggetto di una riforma nel 2005 (l’efficacia di questa riforma verrà valutata nel 2010). La formazione avviene in università oppure in enti equivalenti (teacher education units nel rapporto in lingua inglese), che si occupano del tirocinio, ma anche di ricerca, formazione continua e sperimentazione. Il percorso formativo per la scuola dell’infanzia dura 3 anni, mentre il maestro di scuola primaria ha un percorso quinquennale come il subject teacher. Esiste comunque una distinzione fra class teacher (primaria) con percorso generalista, e subject teacher (media inferiore e superiore), con percorso formativo specifico. I crediti in discipline pedagogiche sono 60 su 180 per la scuola dell’infanzia, 60 su 300 per class teacher e subject teacher.
In Danimarca esiste una distinzione fra educator-training program, di durata triennale, necessario per insegnare in una scuola dell’infanzia, e teacher training program richiesto per la scuola primaria, di durata quadriennale. Il maestro elementare, diversamente da quanto accadeva prima della riforma del 1998, deve approfondire quattro materie che potrà poi insegnare, una delle quali è danese e/o matematica.
In Spagna esistono due diverse specializzazioni, il Profesorado de educación infantil e il Profesorado de educación primaria, entrambi esito di un corso triennale. Il percorso per l’infanzia è centrato su argomenti relativo allo “sviluppo” (psicomotorio, delle abilità linguistiche, del pensiero matematico, …), mentre per l’educazione primaria sono affiancate sistematicamente le “materie di studio” con la “loro didattica”. Una parte del credito deve essere ottenuta con un tirocinio pratico.
In Francia, dove i gradi della carriera sono particolarmente ben delineati, un insegnante di scuola dell’infanzia e della primaria (Professeur d’école) deve avere un titolo equivalente al terzo anno di studi post-secondari. Il reclutamento avviene attraverso un esame, e non è necessario che il candidato abbia frequentato tutto il corso dello IUFM (istituto universitario per la formazione dei docenti), dal momento che può rivolgersi per la sua preparazione anche a istituti di formazione privati (CFPP).
La struttura organizzativa in questi stati riconosce pertanto una peculiarità alla scuola dell’infanzia: nei casi esaminati in nessun caso essa ha la durata del segmento secondario (cinque anni); la stessa primaria prevede una preparazione dell’insegnante di 3, 4 o 5 anni.
Dal punto di vista dei contenuti formativi per i futuri insegnanti, carattere disciplinare specifico viene riconosciuto in modo inequivoco alla scuola secondaria di primo grado, mentre per la primaria si va dalla netta distinzione della Finlandia alla parziale specializzazione della Danimarca, dove però la lingua materna e la matematica possono tranquillamente stare insieme, diversamente dalla scuola elementare italiana, dove esistono maestri diversi per il settore “umanistico” e quello “scientifico”.
Mi pare che questa breve e incompleta carrellata dia qualche supporto alla giusta sottolineatura, da parte del prof. Coerezza e della professoressa Cicardi, della necessità di percorsi formativi rispettosi dello specifico modo di apprendere nelle diverse fasce d’età.
Una considerazione ulteriore: non è “addestrando” precocemente alle singole materie che si formano persone capaci di competenze, tanto più se trasversali. Al contrario, ciò può avvenire valorizzando l’esperienza unificante dell’approccio infantile e l’unitarietà del taglio generalista della scuola primaria, e garantendo un cammino progressivo dai passi ben scanditi e ragionevolmente calibrati attraverso la distinzione degli oggetti. Anche questo criterio dovrebbe essere considerato nelle scelte sugli assetti di sistema.