Tra il 2009 e il 2010 troveranno applicazione i decreti legislativi, convertiti in legge, che cambieranno il volto della scuola italiana. Si partirà dal prossimo anno scolastico con la scuola primaria e l’anno successivo con la scuola secondaria superiore. Nello specifico il riordino ordinamentale dei Licei e degli Istituti Tecnici è delineato in schemi di Regolamento già diffusi e su cui è ancora aperta la discussione. Il processo di riforma della scuola italiana, avviato agli inizi degli anni ’90 dovrebbe (il condizionale è d’obbligo, considerato il pregresso) quindi trovare attuazione in tempi brevi.
Le parole chiave di questo cambiamento, Autonomia e Valutazione, leit-motiv della legge 53/2003 e riprese in tutti i documenti legislativi successivi, rimaste finora bloccate sul piano teorico di dichiarazione di principi, se applicate davvero, saranno leva e motore di una reale trasformazione del sistema scuola. Autonomia e Valutazione infatti introducono un principio importantissimo e non tanto consueto nella Pubblica Amministrazione: il principio di responsabilità dei soggetti di fronte alle scelte operate e al proprio agire.
È questa la scommessa del processo di innovazione in corso per i prossimi anni.
Ma un cambiamento sostanziale e incisivo del sistema scuola non può prescindere dall’affrontare seriamente la questione scottante della riorganizzazione della professione docente. Più volte abbozzata in disegni di legge, più volte annunciata dai ministri della Pubblica Istruzione che si sono succeduti in questi anni, più volte presente nelle piattaforme sindacali, rimane questione aperta, non prioritaria e perennemente sospesa.
Si sono fatte varie proposte: costruire un comparto contrattuale per gli insegnanti separato; predisporre meccanismi di progressione di carriera legati al merito, rimaste ferme al livello di sterili discussioni.
Intanto in questa società che si compiace nel definirsi “del merito” qual è la funzione del docente?
Appiattita da un sistema retributivo che lega all’anzianità ogni aumento di stipendio, soffocata dal peso sempre crescente di adempimenti burocratici e priva di prestigio sociale, questa è, la fotografia della professione docente.
Il percorso professionale dei docenti non offre ad oggi possibilità di avanzamento, la progressione retributiva raggiunge l’apice solo a fine carriera e manca del tutto il riconoscimento delle competenze acquisite dai docenti nella propria vita professionale.
È significativo che, ai fini del calcolo del punteggio per le graduatorie interne e per la mobilità, siano valutati in ordine: l’anzianità di servizio nel ruolo di appartenenza e le esigenze i famiglia, poi i titoli generali e per niente i titoli professionali legati al curriculum. (vedi CCNI 12/02/2009 e O.M. 18 del 13/02/2009)
Quali sono allora le attese dei docenti? Cosa si aspettano dagli strumenti giuridici legislativi e contrattuali che possano apportare un reale cambiamento del sistema scolastico e della loro professione?
Primo: il miglioramento delle condizioni retributive con un progressivo adeguamento ai parametri europei, e in parallelo una maggiore considerazione degli aspetti attinenti al profilo culturale e professionale. con particolare attenzione ad una valutazione di processo e ad una differenziazione della funzione docente, mediante il riconoscimento dei crediti acquisiti durante la carriera lavorativa (curriculum). Più del 60% dei docenti, oggi, (sono dati diffusi da recenti indagini, fonte ANP-ricerca Nomisma) appoggia l’idea di un nuovo modello di carriera che tenga conto delle competenze acquisite dai singoli e relative alla preparazione disciplinare, agli aggiornamenti metodologici e didattici, agli incarichi di responsabilità nella propria scuola, alle attività di progettazione ecc., superando così il vecchio cliché dell’anzianità. Inoltre una consistente quota di docenti (44%) è assolutamente favorevole alla possibilità di effettuare una valutazione delle capacità degli insegnanti in base ai risultati.
Secondo: Accrescimento del prestigio sociale. Sempre più diffusa è tra i docenti la consapevolezza che il riconoscimento sociale di questa delicatissima professione, che ha in carico la crescita e l’educazione delle giovani generazioni, debba passare attraverso l’introduzione di un nuovo status giuridico, legislativo e contrattuale. Veder riconosciuto merito, professionalità e risultati sono gli obiettivi sui quali articolare un progressivo recupero del valore professionale e della sua legittimazione sociale.
Terzo: deburocratizzazione. La funzione docente deve essere concepita nella sua specificità e non equiparata genericamente al personale scolastico che svolge mansioni di tipo esecutivo. L’attuale status giuridico dell’insegnante (1974) insiste sulla funzione di dipendente pubblico, accentuando la dipendenza piuttosto che l’autonomia e la responsabilità professionale dei risultati.
Da cosa partire e su cosa ragionare? C’è un recente Disegno di legge n. 953 del 12 maggio 2008, presentato da Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura alla camera dei Deputati, dove si avanza la proposta di una carriera docente su tre livelli, a cui si accede attraverso procedure concorsuali e soggetta a valutazione periodica.
Adesso, se non riprende la discussione e non si dà soluzione alla questione della riqualificazione dei docenti, prevedendo procedure di differenziazione, che siano di tipo concorsuale o relative al merito o legate al proprio curriculum, in parallelo all’applicazione della riforma del sistema, l’innovazione scolastica rischia di rimanere il solito “atto mancato”.