La cosiddetta “bozza Israel” sulla formazione iniziale degli insegnanti che opereranno nella scuola dell’infanzia prevede:

L’acquisizione di una laurea a ciclo unico per scuola dell’infanzia e scuola primaria;

Un percorso di studi quinquennale comprensivo di un’attività di tirocinio a partire dal secondo anno;



Al termine del percorso di studi i laureati conseguiranno l’abilitazione all’insegnamento sia per la scuola dell’infanzia sia per la scuola primaria.

Lo stesso testo prosegue affermando che l’efficacia di tale percorso dipende da due fattori: «la sua finalizzazione alle esigenze formative specifiche» degli insegnanti di scuola infanzia e della scuola primaria e la «forte integrazione» tra la scuola e l’università lungo il percorso formativo.



Qualcuno (non molti per la verità: nonostante la scuola dell’infanzia sia il segmento del sistema migliore sotto il profilo istituzionale, organizzativo e pedagogico-didattico nessuno se ne accorge e ne trae intelligentemente le necessarie conseguenze) si è meravigliato del contenuto della proposta ritenendola esagerata per i tempi lunghi dell’iter di formazione e per l’omologazione del percorso formativo della scuola dell’infanzia con quello della scuola primaria. In realtà invece, io trovo in essa una logica coerenza con l’impianto delle Indicazioni per il curricolo del 2007 che hanno portato a compimento uno stravolgimento, organico e sistematico, dell’impianto dato alla scuola dell’infanzia nelle Indicazioni per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’infanzia e iniziato con una lettura molto parziale degli Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali del 1991.



L’assetto pedagogico e didattico della scuola dell’infanzia è stato fatto ruotare intorno all’asse delle attività, formalizzate per quanto l’età e la condizione dei bambini lo permette, sminuendo e depotenziando l’azione educativa globale che ha la sua origine nella cura e nel gioco come fattori introduttivi alla civiltà e alla conoscenza della realtà globale. La strumento che è all’origine di questo stravolgimento è l’appiattimento sull’interpretazione disciplinarista della conoscenza e dell’apprendimento a dispetto della realtà stessa. Infatti, chi ha fatto esperienza con i bambini che frequentano la scuola dell’infanzia e con l’organizzazione della stessa sa benissimo che tale impostazione – che fa leva sul possesso di conoscenze disciplinari relative agli ambiti di insegnamento linguistico-letterari, matematici, di scienze fisiche e naturali, storici e geografici, artistici, musicali e motori – poco ci appiccica con l’interesse e con la modalità tipica di funzionamento del pensiero a questa età; anzi il forzare in questa direzione sarebbe un imbarbarimento della didattica e un pericoloso ritorno della “funzione preparatoria” della scuola dell’infanzia nei confronti della scuola primaria. Ma questo i professori membri della “Commissione Israel”, che forse non conoscono bene questo mondo, non lo potevano sapere.

La scuola dell’infanzia ha bisogno di essere riconosciuta nella sua specificità istituzionale, pedagogica e didattica e di conseguenza dobbiamo ritagliare un percorso di formazione degli insegnanti che si misuri sulla realtà di questa istituzione e non sull’ideologia pedagogica di qualche luminare. In sintesi sono tre gli elementi che potrebbero permettere il riconoscimento di questa specificità:

Un percorso di formazione al massimo triennale di approfondimento della cultura pedagogica, psicologica e didattica della scuola dell’infanzia che ha tre pilastri: la cura, il gioco e la capacità di lavorare su tempi e spazi;

Il terzo anno deve prevedere un tirocinio all’interno di una scuola, dove l’insegnante trovi un tutor capace di accompagnarlo a “riflettere sull’esperienza” e a riconoscere le proprie potenzialità educative e didattiche;

Un percorso differenziato che dia accesso solo all’insegnamento nella scuola dell’infanzia.

Ci auguriamo pertanto che, nonostante le approvazioni già ottenute senza consultazione, l’iter futuro della Bozza possa recepire anche la voce di chi nella scuola opera da anni.