La conclusione dell’anno scolastico si profila già all’orizzonte ed è doveroso cominciare a fare qualche bilancio anche sullo stato della parità scolastica nel nostro Paese. E’ stato, infatti, un anno “vissuto pericolosamente”: difficile e preoccupante per alcuni aspetti, foriero di speranze per altri.
Dopo i tagli imprevisti e sconcertanti (date le promesse elettorali e gli orientamenti politici dell’attuale Governo), dopo le veementi proteste e le battaglie portate avanti dalla CdO Opere Educative (spesso insieme anche ad altre associazioni) sia nelle sedi istituzionali sia in quelle della pubblica opinione, si è tornati ad una situazione analoga a quella esistente durante il precedente Governo, sebbene il recupero del finanziamento tagliato non sia stato integrale. Mancano ancora all’appello circa 14 milioni di euro, e chissà se li rivedremo mai; a onor del vero, però, una cifra analoga era stata accantonata anche durante il governo Prodi, e pure quella pare caduta nel dimenticatoio.
Alle grandi e comprensibili preoccupazioni per i tagli ed i ritardi nei finanziamenti alle scuole, molte delle quali già a rischio di sopravvivenza, sono seguiti alcuni importanti risultati, per i quali la CdO Opere Educative ha sicuramente giocato un ruolo non secondario: il reintegro di buona parte dei finanziamenti tagliati, l’istituzione per decreto di una Commissione Parità Scolastica presso il MIUR, la firma del Decreto Ministeriale 34/09, col quale si è giunti a delineare un quadro chiaro circa l’entità dei contributi spettanti alle scuole paritarie.
Contemporaneamente, e in qualche misura anche “grazie” alla situazione verificatasi a seguito dei tagli, abbiamo potuto constatare un fenomeno nuovo e incoraggiante: la presa di posizione a favore della libertà di scelta educativa da parte di numerosi schieramenti politici, compresi alcuni fra quelli tradizionalmente ostili alla scuola non statale. Pur con qualche distinzione e differenti sottolineature, un consenso “multipartisan” ha infatti accompagnato le richieste di reintegro dei fondi e l’invito ad incamminarsi, finalmente, verso una completa realizzazione di quanto previsto dalla Legge 62/2000, cioè una piena e totale parità, anche economica.
Le mozioni approvate alla Camera pochi giorni fa, presentate –prendendo in esame diversi aspetti- da tre diversi schieramenti politici (PdL, Udc, IdV) e tutte a favore della parità scolastica, ne sono una ulteriore conferma e indicano che il clima politico sta davvero cambiando: la libertà di scelta educativa non è più un tabù che causa feroci scontri ideologici, ma comincia (se non per motivi ideali almeno per ragioni di convenienza economica) a diventare oggetto di dibattito civile e costruttivo. Persino la mozione presentata dal PD, respinta perché conteneva anche la richiesta di “ripristinare le somme destinate alla scuola pubblica e decurtate con la Finanziaria”, in qualche modo teneva conto dell’esigenza di salvaguardare la scuola paritaria.
Quello che fino a poco tempo fa pareva improponibile, oggi è possibile chiederlo ufficialmente al Governo: «garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie»; che si impegni «ad adottare iniziative per prevedere in tempi rapidi il ripristino integrale delle risorse sottratte alle scuole paritarie dalla manovra economica; a realizzare interventi volti a facilitare e promuovere le condizioni per l’effettiva libertà di scelta educativa delle famiglie fra scuole statali e paritarie».
E non è più oggetto di scandalo chiedere di «predisporre uno specifico strumento legislativo che, con risorse aggiuntive dello Stato, realizzi interventi speciali a sostegno della libertà di scelta educativa delle famiglie, anche mediante un mix di strumenti, quali: buoni scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione e di frequenza in scuole paritarie; detrazioni fiscali a favore delle famiglie che iscrivono i figli presso scuole paritarie in misura adeguata a ridurre significativamente gli oneri, calibrate a scalare per le famiglie con i redditi più bassi».
Questo e altro è possibile leggere nelle mozioni approvate, e va benissimo.
Però ora, visto l’ampio consenso, occorre passare dalle intenzioni ai fatti, magari cominciando dal poco, ma cominciando, perché siamo in mezzo al guado e rischiamo di rimanerci; anzi, di affondarci.
Per esempio, quello che già in altre occasioni è statp suggerito come strumento per dare concretezza ai discorsi, cioè la defiscalizzazione delle rette, sarebbe facilmente realizzabile e attivabile. Sicuramente non sarebbe la soluzione totale e definitiva, (che riteniamo essere un mix tra defiscalizzazione e Dote modello Lombardia) ma rappresenterebbe almeno un primo passo concreto.
I tempi sono maturi; mancare l’occasione, offerta dalle condizioni che si stanno realizzando durante questa legislatura, configurerebbe una responsabilità gravissima per chi ha il potere/dovere di decidere. Non vorremmo in futuro, chiosando un famoso proverbio, dover tristemente dire: “di buone mozioni è lastricato il Parlamento”.. E intanto per le scuole paritarie sarebbe “l’inferno” e per le famiglie, ancora in attesa della libertà di scelta educativa garantita dalla Costituzione, l’ennesima amara delusione.