L’EASSE(European association single-sex education) quest’anno ha scelto l’Italia per svolgere un incontro internazionale su un tema, da noi ritenuto superato e che invece si sta riscoprendo in molti paesi: l’educazione omogenea.
Chi riteneva le classi miste fossero una conquista sessantottina di parità si deve ricredere. Che qualcosa stia cambiando, ce lo indicano, ad esempio, il boom registrato nelle iscrizioni delle scuole di genere degli Stati Uniti d’America, dopo che dal 2004 i regolamenti federali hanno dato libertà alle scuole pubbliche di creare classi single-sex. Ce lo mostrano anche i recentissimi studi pubblicati nel Regno Unito sui voti di 700 mila alunne di scuola pubblica, che indicano in media un migliore rendimento di chi frequenta scuole femminili rispetto a quelle miste. Non è un caso che in Inghilterra sia l’Ofsted (l’Organo consultivo che si occupa di standard educativi) che il sottosegretario all’Istruzione Sarah McCarthy-Fry raccomandino la diffusione delle classi omogenee come misura per migliorare i risultati e ridurre le differenze di rendimento. Ma a reintrodurre le classi omogenee sono stati negli ultimi anni anche altri Paesi come Giappone, Australia, Germania, Canada, Sud Africa e Svezia. In Francia il dibattito si è aperto appena nel 2003, ma già denunciando i danni di una mixité forzata.
In tutto il mondo sono circa 40 milioni gli alunni che differenziano la metodologia educativa in base al sesso. Il Regno Unito dispone di 1092 scuole differenziate: 676 independent e 416 state schools. Queste ultime sono meno del 2% nell’ambito del sistema statale, rappresentando però l’86% delle scuole pubbliche che si collocano fra le prime 100 per risultati. 10 delle 13 state schools che figurano tra le 50 più quotate sono omogenee. In Baviera il 25% delle scuole pubbiche hanno materie dove gli alunni sono solo ragazzi o solo ragazze. Una modalità suggerita anche dalle autorità di Berlino dove le scuole pubbliche che l’adottano sono già 180. In Ontario 10 tra le 16 scuole migliori per risultati sono di genere. La Francia ha 238 scuole di genere. L’Australia ne conta 1479 con risultati negli apprendimenti tra il 15 e il 22% migliori delle miste. In Nuova Zelanda (121 scuole), Sudafrica (411), Giappone (402) e Corea del Sud (1483) vi sono più scuole pubbliche differenziate che private. Negli USA la crescita delle scuole di genere ha toccato in quattro anni 1890 istituzioni, 450 delle quali sono scuole pubbliche riconvertite in parte o totalmente in omogenee.In Italia queste scuole sono relativamente poche e sono frequentate da circa 5000 alunni soprattutto nelle grandi città (come Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bologna e Verona).
Le differenze psicologiche tra maschi e femmine nell’apprendimento e nel modo di relazionarsi sono studiate da tempo in neurologia, genetica e psicologia evolutiva. Gli studi più recenti suggeriscono che alcune differenze siano innate e non create dalla società. I maschi hanno più abilità nel muoversi nello spazio, le femmine hanno migliori capacità verbali; i maschi sono più avventati, le femmine più riflessive; ai ragazzi piacciono l’azione, la competizione, gli oggetti inanimati e non perdono troppo tempo a parlare dei loro sentimenti. Le ragazze maturano biologicamente e psichicamente prima dei loro coetanei: le ragazze dimostrano un rendimento superiore a livello di scuola secondaria di primo grado e dei primi anni di liceo, mentre le prestazioni scolastiche di molti ragazzi coetanei peggiorano in quanto il continuo confronto con le ragazze produce su di loro un effetto inibitorio.
In quest’ottica le specificità di genere non vanno considerate come un limite ma come una preziosa opportunità. Anche le diversità psicobiologiche fra ragazzi e ragazze (in termini di maturazione, interessi, giochi, passioni, socializzazione, espressione di sentimenti e, non ultimo, modalità di apprendere) possono essere “utilizzate” per conseguire gli obiettivi che la scuola stessa si propone. Sarebbe dunque auspicabile – secondo i promotori del Convegno – che, nell’ambito di un “diritto al successo scolastico” ogni scuola potesse decidere le forme organizzative più adatte a raggiungere il risultato delle pari opportunità di studi, base indispensabile per promozione e mobilità sociale.
Il Congresso internazionale, è stato aperto dal Presidente della Commissione Cultura della Camera Valentina Aprea, la quale ha suggerito di porre sempre attenzione a quanto accade in altri paesi senza trincerarsi su anguste posizioni ideologiche e provinciali: “uno sguardo al mondo” libero da pregiudizi, sulla strada degli studi pedagogici già realizzati.
Sono innumerevoli, infatti, le ricerche che dimostrano quanto gli stili e i ritmi di apprendimento di ragazzi e ragazze siano distanti tra loro: non migliori o peggiori, ma semplicemente diversi. Di conseguenza, un insegnamento che li tratti come se fossero identici, utilizzando la stessa strategia didattica e pretendendo lo stesso tipo di rendimento, non sempre potrebbe cogliere al meglio i suoi obiettivi. Gli atti del Congresso (http://www.easse.org) contengono una sintesi dei risultati delle ricerche internazionali su vantaggi e svantaggi cognitivi, affettivi e relazionali di scuola omogenea e mista. Non è, infatti, ancora possibile dimostrare sperimentalmente la superiorità dell’uno o dell’altro modello per tutti gli alunni, sempre e in tutti i contesti socio-culturali, anche se le maggiori evidenze vanno a favore dei rendimenti conseguiti nella scuola omogenea. Sarà, questo, sufficiente a garantire ai genitori che lo desiderino la scelta di una classe solo maschile o solo femminile?