Nel disegno di legge Aprea, attualmente in discussione presso la Commissione Istruzione della Camera, si parla di chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole come nuova modalità di reclutamento. Si propone quindi di superare il vecchio sistema delle graduatorie. La proposta fa discutere, ha già incassato il parere negativo dei sindacati ed una certa sorprendente apertura di una parte del mondo docente.



Sostanzialmente le critiche alla chiamata diretta dei docenti si possono riassumere nella preoccupazione di una scarsa trasparenza e di forme di nepotismo o di italiche raccomandazione che le graduatorie invece, pur con tutti i difetti, impedivano.

Che queste critiche nascano anche da una scarsa fiducia nei presidi e nel loro potere discrezionale è evidente e dobbiamo, noi presidi, tenerne conto.



Proviamo allora a ragionare, partendo da dati di realtà incontrovertibili e sicuramente condivisi da tutti.

La scuola è una delle poche faccende che interessa tutti, perché prima o poi tutti hanno avuto, hanno o avranno a che fare con lei. Come studenti, come genitori di studenti, come nonni di uno studente o come operatori stessi della scuola: docenti, amministrativi, bidelli o dirigenti stessi. Tutti la vedono, tutti usufruiscono dei suoi servizi e quindi tutti hanno modo di farsi un parere su questo o quel modo di funzionare del sistema scuola. Di conseguenza tutti possono esprimere un giudizio. Bene: il primo dato di realtà su cui tutti possiamo esprimere un giudizio motivato e documentato è che l’attuale sistema di reclutamento non ha funzionato bene. Non è stato in grado di selezionare i buoni insegnanti, anzi, ha permesso a dei veri e propri cialtroni di avere a che fare con i nostri figli e di fare danni. Il danno poi fatto a bambini e a giovani studenti che si aspettano dalla scuola praticamente tutto e spesso anche quello che solo la famiglia dovrebbe dare, è grave. Molto spesso irrecuperabile e causa di abbandoni, fallimenti scolastici e difficoltà variamente assortite.



In 38 anni di scuola ne ho visti molti e sono arrivato alla convinzione che è sufficiente un cattivo insegnante a distruggere il lavoro di molti altri buoni insegnanti.

E sempre l’esperienza di preside mi dice che poi è difficilissimo “mettere a non nuocere” questi individui. Scattano difese corporative e di basso sindacalismo che, di fatto, impediscono qualsiasi efficace azione di difesa della scuola o meglio, del diritto degli studenti all’istruzione, alla buona istruzione. Già si dimentica spesso, nella difesa dei diritti (sacrosanti) del lavoratore, che esistono anche altri diritti, quelli  della famiglia e dei loro figli che non dovrebbero mai essere subordinati o rimossi.

Un altro dato di realtà su cui possiamo convenire tutti è l’impotenza, la frustrazione, la rabbia dei genitori di fronte al muro di gomma dell’amministrazione scolastica quando si tratta di discutere della qualità di un insegnamento. Genitori che protestano (non sempre difendono acriticamente il loro pargoletto, a volte hanno ragione, eccome!), scrivono lettere, fanno assemblee, chiedono incontri al dirigente scolastico, tentano colloqui imbarazzanti con il docente in questione e alla fine rassegnati o lasciano perdere o risolvono drasticamente il problema trasferendo il figlio. Sperando poi di trovare buoni insegnanti.

Ma che scuola è questa che ci costringe ad affidarci alla cabala e alla buona sorte per vedere rispettato il diritto all’istruzione dei nostri figli?

Non è così?

E quante volte noi presidi ci siamo difesi dalle contestazioni, dicendo che non dipendeva da noi, ma dal sistema perverso delle graduatorie?

Io spesso ho deluso i genitori dicendo che non potevo farci nulla e che, al massimo, avrei vigilato con maggiore attenzione.

Allora, partendo da qui, si abbia il coraggio di affrontare nuove strade per reclutare i docenti. Si prenda esempio dai migliori sistemi scolastici europei. La chiamata diretta dei docenti, con varie sfumature e differenze, esiste già e non mi pare che le scuole si siano riempite di figli e parenti del dirigente scolastico.

La proposta Aprea è coraggiosa e condivisibile se accompagnata da una vera valutazione della scuola e del suo dirigente.

Noi presidi non abbiamo paura di essere valutati, anzi, lo chiediamo. Con una condizione però, che ci vengano dati gli strumenti ed i poteri per incidere davvero sul funzionamento della scuola, come appunto la chiamata diretta dei docenti e la loro valutazione.

Ho già dichiarato poi che personalmente me ne guarderei bene dal chiamare un parente o un raccomandato incapace, dovendo essere io stesso valutato del mio operato.

Si temono abusi? Proponiamo dei correttivi. Parliamone. Per esempio la nomina potrebbe essere di competenza di un organismo collegiale che garantisca maggiore trasparenza e meno personalismi.

Si teme di non dare a tutti i docenti la possibilità di provare ad insegnare?

Proviamo un sistema misto: graduatorie e chiamata diretta. Prima la nomina da una graduatoria regionale pur fatta da un ufficio della Direzione Scolastica Regionale e poi, dopo l’esperienza diretta sul campo e l’opportuna valutazione dell’insegnante che la scuola deve fare, con la chiamata diretta.

Perché, si sappia, bastano due mesi di insegnamento per capire se quel docente è bravo, motivato, capace, oppure no.

Lo capiscono gli studenti, i loro genitori, i colleghi e, credetemi, anche il preside.