«La questione educativa: il compito urgente dell’educazione». E’ – fra le righe – un vero e proprio segnale alla società e al mondo politico italiano quello che è riecheggiato nell’Aula del Sinodo dei Vescovi in occasione della 59ª Assemblea Generale della CEI, apertasi nel pomeriggio del 25 maggio 2009 a Roma con la prolusione del Card. Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Perché, proprio in questo momento storico di crisi economica e sociale, mettere a tema l’emergenza educativa? Non ci sono forse questioni più urgenti: i bilanci nazionali, le difficoltà delle famiglie, la solidarietà, la disoccupazione, l’immigrazione, la legge 40 e il testamento biologico, ecc..?
Scorrendo il testo della prolusione, infatti, parrebbe proprio così. Invece, al punto 9, ormai a conclusione della sua relazione introduttiva quasi fosse un semplice corollario, ecco invece un deciso affondo del Card. Bagnasco sull’educazione: «L’ambito nel quale più preoccupante appare l’impatto dello spirito del tempo è quello educativo. Infatti si parla, non a caso, di «emergenza», e non per analogia né per retorica: su questo fronte percepiamo effettivamente un allarme serissimo, che va via via dilatandosi».
Non è unasottovalutazione dei numerosi problemi sociali, alcuni dei quali resi oggi più evidenti dalla crisi e che, in effetti, il porporato ha subito toccato nel suo discorso; eppure – ha voluto indicarci il Card. Bagnasco- tra i marosi delle tante questioni drammatiche e improrogabili, occorre individuare il punto cruciale da cui ripartire, la cui assenza sta all’origine di tanti altri problemi: «poiché consideriamo l’emergenza educativa il fattore in grado di mettere a repentaglio l’equilibrio di una società e le possibilità concrete di un suo progresso, il Consiglio Permanente ha deciso di farne il tema centrale di questa Assise».
Occorre, cioè, ripartire dalla persona e da ciò che ne può favorire la realizzazione piena e integrale, perché solo questo è garanzia di una pacifica convivenza civile nonché di un equilibrato e rinnovato sviluppo sociale. Ecco perché il compito “urgente” dell’educazione.
E, parlando di educazione, non poteva mancare un forte richiamo alla questione della parità scolastica, messa ancora più a repentaglio dai venti di crisi e da scelte non sempre lungimiranti dell’attuale governo: “la scuola deve essere l’ultimo settore a cui una società deve togliere le proprie risorse” ha affermato mons. Coletti, responsabile della Conferenza episcopale italiana per l’educazione, tornando anche a rivendicare con forza la necessità che il governo applichi, con il dovuto sostegno economico, il «sacrosanto diritto» alla parità tra scuole statali e non statali.
«Sacrosanto»: non si tratta, cioè, della rivendicazione di un privilegio né di una questione confessionale, ma dell’esigenza ragionevole –vale a dire fondata su dati di realtà- di dar vita finalmente in modo pieno ad un sistema scolastico capace di valorizzare e armonizzare tutte le risorse educative della nostra società, facendole convergere nel contesto di un effettivo servizio pubblico. Esistono infatti aspetti di convenienza economica e civile che particolarmente oggi, in questo tempo di crisi, non possono più essere trascurati: il grande risparmio che le scuole paritarie garantiscono allo Stato e la possibilità di disegnare una concezione più autentica e matura della nostra convivenza civile, perché per educare occorre non solo istruire, bensì – come ha affermato il card. Bagnasco – «investire tutta l’intelligenza e la passione di cui siamo capaci» e questo accade oggi con più facilità nelle scuole paritarie, alla cui origine stanno – quasi sempre – un forte impeto ideale e una autentica passione educativa. Citando il grande pensatore Romano Guardini, il cardinale ha infatti aggiunto: «Che cosa dunque significa educare? […] Educare significa che io do a quest’uomo coraggio verso se stesso […]. Che lo aiuto a conquistare la libertà sua propria […]. Con quali mezzi? Sicuramente avvalendomi anche di discorsi, esortazioni, stimoli e metodi di ogni genere. Ma ciò non è ancora il fattore originale. La vita viene accesa solo dalla vita».
Insomma, come già in altre occasioni, l’assemblea dei vescovi italiani si è rivelata più laica e pragmatica di tanti benpensanti laicisti, “gettonatissimi” dai mass-media nazionali ma fondamentalmente incapaci di proposte costruttive. Questi, infatti, in nome di una concezione ideologica ormai stantia, continuano a negare alle famiglie una autentica libertà di educazione e pretendono che lo Stato continui a sperperare risorse per un modello di scuola centralistica che, anche a causa di un sistema così configurato, si rivela sempre più incapace di fronteggiare la montante emergenza educativa.
Torna inevitabile l’invito a un vero e proprio patto educativo tra la scuola e la famiglia, con obiettivi condivisi e con reciproci impegni. Ancora più radicalmente torna l’invito a riconoscere nei fatti concreti, e quindi anche a livello economico, una reale libertà di scelta, perché ogni famiglia possa scegliere la scuola alla quale mandare i figli in piena libertà, senza nessun condizionamento e senza nessun aggravio. Lo strumento delle detrazioni fiscali potrebbe, in questo senso, rappresentare un primo passo concreto e di semplice attuazione: un segnale di buona volontà da parte di chi Governa; un gesto di pacificazione nazionale rispetto allo scontro ideologico che fino ad oggi ha impedito l’attuazione della vera libertà di scelta educativa; una indicazione di cammino per giungere, nel tempo, ad un mix di strumenti che realizzi la piena parità economica e renda più efficiente l’intero sistema nazionale di istruzione.