Quello che sta per chiudersi è un anno scolastico di passaggio. Il ministro ha fatto degli assaggi di riforma: in alcuni casi, come per i licei, si era spinta troppo in avanti, e ha veduto bene di tornare indietro, lasciando ad un futuro prossimo la definizione di una scuola più rispondente  alla domanda educativa del nostro tempo.



A dominare vi è stato comunque il tema dei tagli, che sono da un lato imposti dalla situazione generale di crisi, dall’altra dall’urgenza di una razionalizzazione che renda il mondo della scuola più incisivo negli obiettivi didattico-educativi che ha da perseguire. La questione dei tagli ha portato allo scoperto una delle questioni serie cui il Ministro deve lavorare. Non è infatti possibile che la scuola venga razionalizzata dall’alto; è una strada, questa, che denota già di essere inefficace, anzi di ottenere l’esito opposto a quello che il ministro si è prefisso. La strada più razionale è quella dell’autonomia: occorre che il ministro abbia il coraggio di affidare la scuola a chi la fa, perchè solo nel rapporto diretto con la realtà si può stabilire se una classe è meglio che sia di 20 o di 25 alunni, se una lingua debba essere soppressa oppure incentivata, se val la pena aprire un nuovo insegnamento.



E’ quindi un anno scolastico che finisce lasciando aperta la questione seria della scuola, se il suo cambiamento lo si farà con docenti, studenti e famiglie, oppure se a dettarlo saranno gli uffici ministeriali e quelli scolastici provinciali. In questa situazione di fatto ondeggiante c’è però una certezza che l’anno scolastico lascia, ed è la certezza che viene da chi l’ha vissuto e ha scoperto che dentro la scuola si gioca una partita che riguarda l’umano.

Una studentessa ha scritto: «ho sempre cercato di dare il massimo in quello che ho fatto perché ho trovato persone e maestri di vita che credevano in me». Un giudizio commovente, perché va al cuore della sfida che ogni giorno si gioca tra i banchi di scuola. Incontrare persone che puntano su di te, che stimano la tua positività. È  quello che  è accaduto a molti, sia studenti sia insegnanti, durante il lento svolgersi delle ore di lezione. Questo è ciò che rende positivo un anno di scuola, la mossa che una persona ha avuto per gli incontri che ha fatto dentro la vita quotidiana, la scoperta di quanto sia vero ciò che ha detto Sant’Agostino, ossia che non si conosce se non per amicizia. Questa traccia positiva è ciò che permane. La scuola ha trovato e trova nuova linfa vitale da chi ha portato uno sguardo di simpatia all’umano, uno sguardo che ha lanciato insegnanti e studenti all’avventura della conoscenza. Questa positività è dirompente, tanto che non ha potuto essere fermata da chi l’ha contraddetta, riducendo l’educazione a regole o tecniche.



Per questo l’anno scolastico si conclude con una certezza, la certezza di chi l’ha vissuto come occasione per entrare ancor di più nella realtà. Averlo potuto fare grazie all’incontro con maestri è il bello di una scuola che ha ritrovato la sua vera natura. 

(Gianni Mereghetti)