Caro direttore,
Da sempre sono stata contraria all’autonomia scolastica introdotta dall’allora ministro Berlinguer. Insegnando in un liceo, mi è da subito stato chiaro che questo tipo di scuola non ha i mezzi per sostenersi e per funzionare, a meno di finanziarsi con i progetti. Negli anni ho toccato con mano che i progetti molto raramente servono all’istruzione degli allievi, che a quella età hanno bisogno di una solida istruzione di base. Quella che la scuola oggi non garantisce più, anche per merito dell’esame di Stato introdotto nel 1997 dallo stesso ministro: dalla prova di italiano, alla terza prova, alla tesina sembra partorito da una mente malata. Se questa è la verifica finale dell’apprendimento, non è difficile immaginare che cosa si richiede ormai negli anni precedenti.
I progetti ingrassano altri: i furbi, quelli che non amano l’insegnamento istituzionale, quelli che si illudono di coagularlo sotto un’unica tematica annuale, i corsi di bridge, di danza africana, quelli che lavorano in unità con il territorio, quelli che organizzano i vari spettacoli di fine d’anno con corredo di magliette o di cappellini gratis per tutti.
Detto questo sono molto contraria a considerare la scuola come una azienda, perché essa è un luogo di formazione di giovani, produce, ma neanche produce, potrebbe o dovrebbe favorire la crescita intellettuale, la libertà del pensiero, la capacità critica della persona, tutti beni non misurabili, neanche dai più raffinati metodi statistici, che descrivono solo qualche aspetto di una realtà molto più complessa e sovente non fanno che confermare ciò che il buon senso e l’esperienza già indicano.
D’altra parte la scuola così costa troppo allo stato, che ne gestisce più del 90%. Se costa troppo, o si taglia (ed è quello che ha fatto la Moratti, impoverendo ancora di più le magre risorse, togliendo ad esempio le ore a disposizione che garantivano di coprire l’emergenza immediata delle supplenze) o si fa pagare a chi usa del servizio e poi si controlla. Chi l’ha detto che la scuola non dell’obbligo debba essere gratuita? Sarà impopolare, ma forse così andare sui banchi dai 14 ai 19 anni sarà sentito un po’ di più come un impegno e non solo come un diritto. Se uno vedesse quanto mangiano, bevono e quindi spendono gli studenti nelle mattinate di scuola, capirebbe che la grande maggioranza delle famiglie degli allievi di liceo non manca di risorse forse utilizzabili in modo più proficuo, a cominciare dai libri.
Ciò che mi pare fuori dal mondo è (se ho capito bene) la proposta avanzata dal Documento della CdO sulla scuola diretta da un Consiglio di Amministrazione composto di membri in gran parte esterni alla scuola stessa (sempre se non fraintendo). Già il Consiglio di Istituto attuale ha tolto ogni potere decisionale al Collegio Docenti. Figuriamoci dove va la libertà di insegnamento, già ora mortificata da una burocrazia e da un legalismo che sono nelle carte, ma ancor più nei rapporti, in un assetto di questo tipo. Veramente un Consiglio di Amministrazione tratterebbe i professori in modo più dignitoso di quanto fa lo stato adesso? Per l’esperienza da me fatta in una scuola paritaria, direi proprio di no. Almeno lo stato, in caso di malattia, salva il posto di lavoro, cosa che altrove non mi è successa.
Quanto al reclutamento degli insegnanti a chiamata diretta da parte della direzione della scuola, mi pare che si facciano poco i conti con la realtà, almeno quella attuale. Chissà, forse con decenni di lavoro serio, forse sarà possibile formare altri presidi e altri insegnanti. Per ora non vedo sostanziali differenze tra un metodo di reclutamento come quello attuale, con le sue contraddizioni, e quello auspicato o richiesto, non so, dal Documento.
Un piccolo suggerimento: perché, accanto al lavoro per produrre questo documento, non si dedicano energie e mezzi a immaginare un modo praticabile di formazione degli insegnanti? Non sono forse loro che fanno la scuola, sia essa statale o paritaria? O forse, sotto sotto, interessano di più gli assetti istituzionali e i soldi, tanto poi chi non ha di meglio che fare l’insegnante si trova sempre?
Laura Cioni