La pubblicazione del documento di indirizzo da parte del Ministero e l’imminente uscita del bando per assegnare alle scuole un finanziamento in vista dell’introduzione in modo sperimentale dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, mi porta a porre con forza alcune domande e a formulare una proposta.
L’insegnamento della cittadinanza a livello di una singola nazione, come dice clamorosamente l’esperienza d’altri paesi europei (Spagna e Germania le ultime), interroga con forza le autorità centrali sulla loro capacità di rispettare l’autonomia delle scuole e la libertà di insegnamento/apprendimento di allievi e famiglie. In modo particolare in Italia ci troviamo in un sistema scolastico che cerca faticosamente di passare da un modello centralistico a uno fondato sull’autonomia; passaggio che spesso enunciato a livello teorico sui documenti governativi e poi radicalmente smentito dalle procedure amministrative e di controllo attuate dall’amministrazione scolastica.
In primo luogo sembra da rifiutare la formulazione in termini prescrittivi di tale insegnamento da parte del ministero.
Al centro spetta infatti stabilire finalità generali, competenze e contenuti generali, rispettando le prerogative sia delle Regioni e degli enti locali sia soprattutto delle scuole di progettare e realizzare l’insegnamento in termini che rispettino le caratteristiche degli studenti e dei territori e le scelte inerenti la libertà di insegnamento dei docenti.
In questo senso ci chiediamo che senso può avere un documento d’indirizzo, che prefigura sia gli obiettivi di insegnamento/apprendimento per i vari ordini di scuola sia le situazioni di compito entro le quali verificare le competenze di cittadinanza identificate come significative.
E’ pur vero che esistono competenze di cittadinanza che riguardano l’intero ambito nazionale o addirittura quello europeo e mondiale, ma esistono pur sempre le comunità locali (tra cui le scuole stesse che sono state definite dal testo costituzionale come “formazioni sociali”) entro le quali sarebbe auspicabile che i cittadini stessi contribuissero a definire quali sono le competenze di cittadinanza.
Un’altra questione che si pone è quella legata all’insegnamento di Cittadinanza come una materia scolastica nuova, affidata ad un insegnante specifico (si ritornerebbe così al vecchio insegnamento di educazione civica che non ha mai funzionato) oppure come un’area di lavoro multidisciplinare (simile alla vecchi area di progetto delle sperimentazioni Brocca) che richiederebbe una qualche modifica della normativa vigente.
Nella proposta che si allega si cerca di definire tale insegnamento come insegnamento di scienze sociali integrate (diritto, economia, sociologia, storia, antropologia, psicologia sociale, ecc) a partire dalla definizione di 25 aree tematiche, che risultano dall’incrocio tra mondi vitali degli allievi e sistemi sociali di appartenenza e che offrono in modo sistematico alle scuole la possibilità di scegliere i contenuti più adeguati
Infine la questione dei materiali didattici o del libro di testo. Nella proposta si vorrebbe superare la logica del libro di testo da adottare per muoversi nella direzione di una didattica partecipata e di insegnamento attivo che richiede richiederebbe la mobilitazione di tutte le agenzie de territorio per mettere a disposizione materiali didattici da usare nella progettazione delle scuole in da scegliere da parte delle scuole in tutta autonomia.
Il documento di indirizzo non sembra (anche per i tempi) possa muoversi in tale direzione, ma fa pensare uno scenario molto negativo in cui, con il miraggio di un budget disponibile, le singole scuole corrono ad omologarsi al modello unico proposto nel bando.
(Silvio Restelli)