Secondo i primi dati del Ministero della Pubblica Istruzione quest’anno nella scuola italiana ci sarebbe stata una decisa inversione di tendenza con un aumento di bocciati e di non ammessi agli esami di stato. La proiezione dei dati fatta dal ministero porta a ritenere che al termine degli scrutini i non ammessi alla maturità passeranno dai 20.111 dello scorso anno scolastico a circa 28.000; i bocciati nelle altri classi delle superiori dai 330mila dello scorso anno a 372mila circa, quasi 40mila in più.



Per il ministro Gelmini questo dato significa una ripresa di serietà e di qualità della scuola. «Non è mai bello che un ragazzo perda l’anno – ha dichiarato il ministro – però io credo che questo aumento delle bocciature stia a significare il ritorno a una scuola dell’impegno, a una scuola del rigore, a una scuola che prepara i ragazzi alla vita».



E’ vero solo in parte che questo rilevante aumento di bocciature significhi maggior serietà. Che si ponga fine a pratiche buoniste che in questi anni hanno favorito la crescita dell’ignoranza è di fatto positivo, ma il dato cui siamo di fronte ha un’altra faccia della medaglia che non si può non considerare.

La scuola perde tanti alunni perché questi non vogliono studiare, è vero, ma ne perde altrettanti perché non li sa interessare, non sa arrivare a loro, non sa destare quell’apertura alla conoscenza che caratterizza originalmente la ragione. Quest’altra faccia della medaglia non può essere nascosta, perché sarebbe un’assoluzione indiscriminata di un mondo docente che invece dovrebbe riflettere su questo aumento di bocciati. Ci sono tanti, troppi studenti che la scuola perde per propria responsabilità, soprattutto laddove è una scuola fatta da insegnanti che non sanno entrare in rapporto con gli studenti e li considerano come delle spugne che devono assorbire acriticamente dei contenuti e delle tecniche.



Sarebbe più ragionevole, al posto di esultare per il ritorno della scuola seria e di qualità, che il mondo docente consideri questi dati negativi come un’occasione per interrogarsi sul proprio lavoro, il cui scopo è promuovere la conoscenza. Una bella sfida, da assumere con un impegno più deciso a guardare ogni studente con quella simpatia che arriva alla sua libertà, una bella sfida a tentar di tutto per smuoverla! Io non credo che ogni insegnante possa sentirsi tranquillo a questo riguardo, anzi stimo l’insegnante che al posto di esultare sull’aumento dei bocciati, si chiede il perché e cerca di capire come questo riguardi il suo lavoro quotidiano 

(Gianni Mereghetti)