1. Introduzione: la tesi del documento CDO

La necessità di riformare il sistema scolastico italiano è oramai divenuta una priorità indiscutibile: da questo assioma partono le proposte più disparate formulate da associazioni di docenti, genitori, think thank, associazioni culturali, fondazioni, partiti politici. Il Manifesto della CDO si pone, ambiziosamente, in questo contesto di discussione e, a mio parere in modo molto interessante, formula sei proposte di possibili interventi: piena autonomia delle istituzioni scolastiche, professionalizzazione di docenti e dirigenti scolastici, flessibilizzazione dei percorsi scolastici, riforma degli ordinamenti in linea con il principio di sussidiarietà, valutazione esterna delle scuole, abolizione del valore legale del titolo di studio.



Considerando tali proposte singolarmente, credo che poco si possa obiettare sulla loro validità (anche se un punto di vista contrario è stato argomentato, in modo interessante, dalla prof.ssa Cioni su questo stesso giornale).

Va tuttavia esplicitato, in modo chiaro, quale sia la direzione verso cui una riforma del sistema scolastico deve tendere. Il rischio, altrimenti, è che interventi singoli sugli ordinamenti, sui finanziamenti, sulle progettualità innovative, sulle responsabilità dei docenti, sulle scale di votazione degli studenti non abbiano effetti di alcun tipo se non quello di complicare ulteriormente un quadro già abbastanza confuso.



Se ben capisco il documento della CDO, e cercando di interpretarlo secondo una mia idea di organizzazione del sistema scolastico, la tesi di fondo che si sostiene è che una maggiore competizione tra scuole possa condurre ad un miglioramento delle loro prestazioni. In questo senso sembrano da interpretarsi le proposte di abolizione del valore legale del titolo di studio, di ampliamento dell’autonomia, di una maggiore professionalizzazione del personale dirigente delle scuole, di diversificare l’offerta formativa. Se così è, forse il documento dovrebbe essere più esplicito a riguardo, e cercare di argomentare le ragioni per cui la competizione tra scuole dovrebbe essere benefica. Ad esempio, la ragione è che tale meccanismo incentiva alla responsabilizzazione dei docenti e degli studenti, agendo su aspetti reputazionali? Oppure favorisce un miglior utilizzo delle risorse? Oppure ancora rende più attenti ai risultati conseguiti dagli studenti?



La capacità dei meccanismi di competizione di agire positivamente sui risultati scolastici è un tema ancora molto aperto e dibattuto dalla teoria economica: un più esplicito approfondimento da parte della CDO su questo tema potrebbe essere davvero utile per illuminare ulteriormente questa riflessione. È importante, infatti, rimarcare che l’obiettivo così come sinteticamente delineato mira ad un miglioramento del sistema scolastico nel suo complesso, ossia un miglioramento delle prestazioni delle scuole sia statali che paritarie.

Nel seguito di questo articolo, e seguendo il punto di vista ora descritto, l’obiettivo è di proporre alcune riflessioni su due temi sollevati dal Manifesto CDO: quello della autonomia finanziaria delle scuole, e quello del sistema di valutazione (e delle sue conseguenze finanziarie). È di tutta evidenza che molti altri temi dovrebbero influenzare tali riflessioni (ad esempio, il ruolo dell’autonomia nella definizione dell’offerta formativa, o la necessità di perseguire la parità tra scuole statali e non statali, la possibilità di introdurre deduzioni e detrazioni per facilitare la libertà di scelta delle famiglie, ecc.): tuttavia, questi ulteriori temi sono qui volutamente tralasciati (anche per ragioni di sintesi), e ad essi saranno forse dedicati futuri approfondimenti.

2. Alcune riflessioni sull’autonomia finanziaria

Il documento della CDO sembra suggerire che il vero tassello mancante all’autonomia scolastica sia la sua dimensione finanziaria. In effetti, è proprio così: la parte più rilevante delle risorse della scuola, ossia quella legata agli stipendi dei docenti, non è sotto controllo delle singole scuole, ma è decisa e amministrata a livello centrale (anche attraverso gli Uffici Scolastici Regionali). In altre parole, le scuole non hanno la possibilità di scegliere i propri docenti (perché il processo di assegnazione è in gran parte dipendente dai meccanismi dei trasferimenti e dell’entrata in ruolo, gestiti dal Ministero), e soprattutto di retribuirli in modo autonomo – magari sulla base di differenze nelle loro attività e risultati. Come modificare questa situazione?