Nell’estate sta proseguendo il lavoro intorno alla riforma dei licei, nella prospettiva di una definizione nell’autunno che permetta alle nuove iscrizioni per l’anno 2010-2011 di avere dinnanzi un quadro chiaro ed assestato.

Nel frattempo ci si possono concedere alcune osservazioni un po’ laterali rispetto al grande dibattito a monte sugli ordinamenti, sulle materie e sulle cattedre. Ci si dimentica spesso infatti che chi sceglie i vari tipi di indirizzi e pertanto ne fa la fortuna o la sfortuna sono in ultima analisi gli studenti e le loro famiglie.



La soluzione sulla riforma dei licei può essere letta come un compromesso fra il vecchio ed il nuovo, in cui il vecchio sta come torre ferma che non crolla giamai la cima per soffiar di venti.

Alberga ancora nelle stanze di Via Trastevere l’opinione che il liceo classico sia un prezioso pezzo unico rimasto oramai solo a livello europeo e che la sua salvezza sia la fondamentale mission impossible di ogni riforma italiana. Un liceo classico non centrato sulla filosofia (che viene sacrificata) e neppure sulla letteratura, ma sulla buona vecchia filologia. Donde carrettate di latino, ahimè, per tutti.



Come questo può conciliarsi con il facile Cicerone dato quest’anno alla maturità? Cicerone era il sogno di ogni maturando degli anni Sessanta, perché la sua lingua regolarizzata evitava i rompicapi di altri autori più devianti dal canone da lui stesso stabilito e che si studia nei licei.

Non è difficile capirlo. Voi ci lasciate le nostre cattedre e le nostre illusioni, noi però tutto quel latino che infliggiamo sulla carta lo lasciamo studiare poco e male. Alla prossima maturità ci attendiamo Cesare. A quando un’indagine nazionale sul livello del latino che si impara (non che si insegna!) nei nostri licei?



Il Liceo classico afferma come propria ragione di identità l’esercizio dell’intelligenza, ma non lo sa motivare. L’asse filologico può essere proposto come uno degli assi formativi, non tanto come accesso diretto alla cultura classica (assolutamente irrealistico, come dimostrano questi Ciceroni) quanto soprattutto come modalità di esercizio del problem solving su un terreno di storia umana e perciò adatto ad un certo tipo di intelligenza, meno astratta di quella logico-formale.

Si tratta di un rispettabile problema di competenze, ma al momento l’abilità trasversale sicuramente coltivata nei Ginnasi è principalmente quella di prendere l’abitudine di studiare per ore cose di cui non si capisce nell’immediato la ragione. Il che sarà indubbiamente utile per chi dovrà affrontare l’esame di anatomia o di analisi all’università, ma è un po’ poco per gli adolescenti di oggi: infatti non lo fanno!

Il risultato è che un’importante branca del sapere, fra l’altro tipicamente italiana, rischia di essere svilita e di sparire dalla nostra tradizione formativa, per volerla imporre a tutti.

Certo. Gli studenti dei licei sono i migliori, bella forza… ma bisognerebbe misurare se sviluppano la loro intelligenza quanto potrebbero. PISA ci dice che il gradiente che misura il rapporto fra apprendimenti e background economico-sociale in Italia in alto flette, cioè che gli studenti dei licei non rendono alla loro potenziale altezza come avviene in altri paesi.

I nuovi licei sono invece nati con fatica: il liceo scientifico-tecnologico è cresciuto nell’incubatrice dell’istruzione tecnica, ma è stato giustamente affidato alla licealità come unico vero liceo scientifico; il liceo economico-sociale è gemmato a fatica dall’istituto magistrale rivisitato.

Ma non è detto che da questi parti podalici nascano robusti bambini.

In Francia – Paese dal punto di vista culturale e formativo assai vicino al nostro – i due licei più frequentati sono il liceo scientifico-matematico e quello sociale-economico. Il liceo di ispirazione letteraria giunge buon terzo e dignitosamente preserva e sviluppa, con chi è seriamente vocato a farlo, quegli studi.

Decisive dunque saranno le scelte degli studenti e delle famiglie nel determinare le fortune di questi diversi tipi di licei.

Si suole imputare la crisi degli istituti tecnici alla licealizzazione prevista dalla riforma Moratti, attribuendo al normale cittadino un livello di informazione forse irrealistico.

La crisi dei tecnici sembra venire in realtà da due circostanze largamente antecedenti.

La prima è la propensione delle famiglie di tutti i paesi europei giunti ad un certo livello di benessere ad indirizzarsi verso studi generalisti che postulino una formazione ulteriore di tipo universitario o parauniversitario. Permettersi di tenere i figli più a lungo a scuola, senza mandarli a 18 anni a lavorare, è stato vissuto come un indicatore dell’innalzamento delle possibilità economiche ed in ciò di per sé non vi è nulla di male. Meglio qualche anno di scuola in più della terza o quarta auto.

Il problema nasce quando, come è avvenuto nel nostro Paese, si passa dagli istituti tecnici ai licei “leggeri” che non danno più una formazione tecnico-professionale, ma solo infarinature generaliste.

Si vedrà quanto questa tendenza proseguirà, ma sarebbe auspicabile venisse ridimensionata ad evitare un declassamento professionale, peraltro già in atto, dei giovani italiani.

La seconda ragione sulla quale, a livello del sistema scolastico nazionale, si può influire di più, è lo scarso aggiornamento degli insegnanti delle materie – appunto – tecniche.

Se la formazione tecnica offre una versione diluita delle materie di base e contenuti professionali obsoleti, è chiaro che le famiglie se ne disamorano.

Il continuo aggiornamento degli insegnamenti delle materie di base è sicuramente necessario, ma quello delle materie tecnico-professionali è vitale. Se negli istituti tecnici commerciali gli insegnanti non sono – tutti, non solo i volonterosi – tenuti ad utilizzare software applicativi aggiornati né si può impedire che si vada avanti con la buona vecchia partita doppia fatta a mano, alla fine qualcuno se ne accorge. Gli esempi si potrebbero moltiplicare in tutti i campi.

In questo caso il deflusso dalla tecnica ha segnalato un disagio dovuto a ragioni profonde che lentamente, ma inesorabilmente sono emerse alla luce del sole.

Parimenti il destino di liceo scientifico-tecnologico e del liceo economico-sociale si giocherà nel prossimo decennio sulle schede di iscrizione più che negli ormai annosi dibattiti fra addetti ai lavori.