La recente sentenza del Tar del Lazio, che limita le competenze degli insegnanti di Religione Cattolica negli scrutini di fine anno, è stata presa come spunto da chi intende ostacolare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.

In realtà non è vero, come alcuni giornali hanno dato ad intendere, che la sentenza lasci fuori gli insegnanti di Religione dagli scrutini: il Tar ha escluso che essi possano partecipare “a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”. Ma a parte questo, resta tutta la gravità di un provvedimento che non ha fatto altro che produrre una nuova forma di discriminazione verso quanti (oltre il 90% degli allievi!) ogni anno si avvalgono di questo insegnamento.



In particolare, riteniamo sbagliata la sentenza del Tar, per tre motivi:

Primo, perché la cultura religiosa e i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano (revisione del Concordato del 1985): è su questa base che si fonda l’insegnamento della Religione Cattolica, che ha finalità educative e culturali che si inseriscono a pieno titolo tra gli obiettivi di apprendimento consapevole che la scuola deve fornire ad ogni alunno.



Secondo, perché l’insegnamento della Religione Cattolica, proprio perché ha come scopo la piena conoscenza del cattolicesimo, è seguito, in molte scuole, anche da non cristiani: colpendo tale insegnamento si indebolisce un importante veicolo di integrazione.

Terzo, impedendo l’attribuzione del credito scolastico agli insegnanti di Religione in sede di scrutinio, si danneggiano anche coloro che non hanno scelto questo insegnamento ma si sono avvalsi di attività alternative. Il loro impegno, dunque, non avrà alcun seguito e valutazione.

Compagnia delle Opere
Diesse (Didattica e Innovazione Scolastica)
CDO Opere Educative
Disal
Associazione culturale Il Rischio Educativo