Recentemente il presidente USA Obama ha lanciato un piano scuola da 4,5 mld di dollari (cifra stratosferica per l’Italia che taglia) per premiare le scuole che otterranno i migliori risultati. Il piano è volto liberalizzare (altro termine scandaloso in Italia) le cosiddette “Charters Schools” scuole, libere, radicate nelle loro comunità locali, fatte di alleanze con realtà di famiglie, quartieri, organismi privati non-profit.



Di queste si è parlato al Meeting di Rimini, la mattina di mercoledì 26 agosto, con un dialogo proposto dall’associazione di dirigenti scolastici DiSAL, in collaborazione con la rivista “Dirigenti Scuola” dell’editrice La Scuola-Brescia. All’incontro hanno partecipato Daniele Vidoni, esperto di governante, l’on. Valentina Aprea presidente della Commissione Istruzione alla Camera dei Deputati.



Il dibattito, riprendendo il tema che DiSAL ha lanciato nel convegno 2008,  ha voluto far conoscere questa particolare esperienza americana e raccogliere da essa i migliori insegnamenti sui gravi problemi della scuola italiana: governo, personale, finanziamenti, liberalizzazione, responsabilità verso le proprie comunità.

Le “Charter school” sono scuole pubbliche che possono disporre di una particolare autonomia per quanto riguarda la possibilità di prendere decisioni sulla struttura organizzativa, il curriculum e l’orientamento educativo della scuola. La dimensione di quest’autonomia è definita dalle regolamentazioni statali o dallo statuto (la charter) della scuola.



L’idea di una “scuola pubblica di iniziativa privata” radicata all’interno della comunità e capace di soddisfare i bisogni degli studenti immigrati o economicamente meno abbienti  nacque negli anni ’70 e venne inizialmente legiferata in Minnesota nel 1991.

Il modello organizzativo delle charter school si fonda su una collaborazione tra soggetto pubblico e società civile che, avendo identificato a livello locale un bisogno educativo, sviluppa un progetto da sottoporre all’autorizzazione dell’autorità statale preposta. Il progetto deve identificare la mission della scuola, la sua vision e gli obiettivi che specifici si prefigge di raggiungere in termini di risultati degli studenti. Se il progetto viene approvato, la scuola viene finanziata per il lasso di tempo necessario a svilupparsi e consolidarsi (tra 3-5 anni e 5-10 anni) in autonomia. In cambio di detta autonomia, al termine del periodo la scuola deve dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi prefigurati. Se ciò non avviene, la scuola può essere sospesa o chiusa e ciò è già avvenuto in diversi casi.

Come detto, le charter school nascono come risposta della società civile ad un bisogno di integrazione, soprattutto degli studenti che provengono dalle famiglie economicamente più svantaggiate o appartenenti a minoranze etniche e linguistiche. Per queste categorie di studenti, l’efficacia delle charter school è innegabile. Meno chiara è la capacità di queste istituzioni di raggiungere risultati simili anche su altre tipologie di studenti e ciò alimenta un costante dibattito sulla reale efficacia di questo strumento.

In parte, l’impossibilità di giungere ancora a conclusioni definitive sulla validità dello strumento è dovuta alla carenza di informazioni confrontabili sui risultati raggiunti ed alle difformità esistenti per quanto riguarda le modalità di finanziamento ed i vincoli (anche numerici) all’istituzione di nuove charter school nei diversi stati americani. Tuttavia, la presenza di chiari riferimenti alle charter school nel programma “Race to Top” appena finanziato dall’amministrazione Obama indica un investimento significativo sulla possibilità che le charter school siano uno strumento vincente per promuovere il rinnovamento ed il miglioramento dell’istruzione per tutti.