Il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini presenta al Meeting di Rimini le nuove regole della scuola italiana, in particolar modo quelle legate alla formazione e reclutamento dei docenti delle scuole superiori. Dopo un anno di fuoco che ha visto l’incessante ricorrersi di notizie più o meno certe, smentite, proteste di piazza e conseguenti dibattiti, sembra che i problemi più annosi e inevasi dell’istruzione pubblica possano davvero essere in parte risolti o per lo meno affrontati. Proprio sulle questioni più spinose e discusse il sussidiario.net ha voluto intervistare il ministro.  



 

Ministro Gelmini, la prima domanda riguarda la formazione, il reclutamento e la carriera degli insegnanti. Considerando questi come tre stadi di un unico processo ha destato qualche perplessità il blocco del disegno di legge Aprea, dal momento che la commissione di studio sulla formazione sta proseguendo il proprio percorso. Che senso ha separare la formazione dal reclutamento?



Non è la nostra intenzione. Io ritengo assolutamente centrali e non rinviabili questi tre temi. Il tema della formazione iniziale, della carriera e del reclutamento sono il cuore della riforma della scuola. La proposta Aprea avanzava molte soluzioni. Va dato atto all’on. Aprea di aver fatto una concertazione molto ampia coinvolgendo parecchi soggetti. Purtroppo alla resa dei conti sono nate molte problematicità in commissione.

Ciononostante credo che comunque occorra andare avanti. Nel senso che non possiamo parlare di una scuola di qualità quando gli insegnanti avanzano solo per anzianità e non per merito. L’Italia è, insieme alla Grecia, l’unico Paese europeo a non contemplare una carriera per i docenti delle scuole secondarie. Il governo ha cominciato in primis ad affrontare i temi della formazione degli insegnanti, della formazione iniziale, coinvolgendo fortemente le scuole, e non solo le università, e soprattutto programmando il numero di ingressi per evitare la nascita di un precariato enorme. È chiaro che gli step successivi sono quelli indicati nella domanda e di questo si sta ragionando, all’interno della maggioranza, si affineranno le proposte, ma insomma è ovvio che queste tematiche andranno affrontate.  



I tempi previsti per la formazione dei docenti risultano più lunghi della media europea. Qualcuno ha insinuato che ciò è funzionale agli interessi accademici a discapito delle problematiche legate alle scuole. Come commenta questa affermazione?

Col fatto che l’abbiamo smentita. Oggi abbiamo presentato il nuovo progetto di riforma della formazione iniziale che prevede tutta un’altra tipologia di percorso, nonché un accorciamento per il numero di anni di formazione che viene ridotto ad uno nelle scuole secondarie. Sapevamo che era necessario un ripensamento del sistema in quest’ottica per renderlo più funzionale, più corto, ma anche più efficace: maggiore conoscenza delle nuove tecnologie e soprattutto più esperienza sul campo. In poche parole, grazie all’anno di tirocinio, si passa dal semplice sapere degli aspiranti insegnanti al “sapere insegnare”.

I nuovi regolamenti delle suole medie superiori: licei, istruzione tecnica e istruzione professionale, partiranno entro gennaio 2010. C’è la preoccupazione che queste riforme riescano a partire così presto. A che punto siamo?

Stiamo aspettando il parere della Conferenza Stato-regioni che dovrebbe esprimersi entro questo settembre e dall’anno prossimo – 2010/2011 – entrerà in vigore il nuovo sistema dei licei e la nuova formazione tecnica e professionale.

Si prevede una riduzione del numero di ore nelle scuole superiori. Poco però si è detto circa i curricula scolastici. Quali saranno le ore essenziali e quelle complementari?

Dobbiamo ancora definire quali saranno caso per caso le materie da privilegiare, fermo restando che non partiamo da un’idea discriminatoria, ma di opportunità. Sicuramente l’importanza delle materie scientifiche e della matematica è indiscutibile. Con la commissione stiamo valutando caso per caso il peso delle materie all’interno dei corsi dei licei e degli istituti tecnici. È un lavoro ancora in corso. Posso però affermare che circa entro un mese e mezzo avremo comunque una risposta.

Lei ha puntato molto durante questo suo mandato sul tema del merito. Finora ciò si è visto per quanto riguarda la valutazione degli studenti. Che cosa intende fare il governo per valutare gli insegnanti?

In primo luogo voglio precisare che una delle nostre primarie intenzione è quella di premiare gli insegnanti migliori. Da qui a tre anni con i risparmi della finanziaria noi potremmo arrivare a dare 2.000 o 3.000 euro di premio. Proprio per definire i criteri di incentivazione stiamo valutando con l’INVALSI un sistema di valutazione delle scuole e degli insegnanti.

Tutte le grandi esperienze europee, soprattutto quella inglese, ci dicono che è fondamentale partire dalla valutazione della scuola, capire se un determinato istituto va bene o va male.

Un messaggio deve però passare chiaramente: il mestiere dei professori comunque non sarà più mestiere per tutti. Una volta questa professione era considerata come un ammortizzatore sociale, adesso si cambia decisamente registro.

I sindacati hanno minacciato uno sciopero per il primo giorno di scuola. Prevede un altro “autunno caldo”?

Meno caldo di quello dell’anno scorso. Credo che gran parte delle nostre ragioni si siano fatte valere nel Paese, che gli italiani abbiano capito che una scuola come quella di prima non sarebbe potuta andare avanti. Basti pensare che la scuola paga il 97% del proprio bilancio in stipendi. La scuola italiana attuale non è più capace di investire nel proprio futuro.