Si parla molto del “merito” oggi, anche per la scuola: di quello degli studenti e di quello degli insegnanti.
Può risultare interessante perciò capire quali sono le caratteristiche degli studenti Top Performers (gli eccellenti, diremmo noi) degli altri Paesi, utilizzando ancora una volta i dati di PISA 2006.
OCSE cura almeno due Rapporti di approfondimento per ogni edizione di PISA, su temi particolarmente significativi per i governi che finanziano la ricerca. Nella primavera 2009 è uscito uno di questi rapporti – Top of the Class – dedicato alle caratteristiche dei quindicenni che si sono collocati ai livelli 5 e 6 (i più alti) della scala PISA, rispondendo efficacemente a domande che richiedevano capacità di ragionamento, approfondimento e collegamento, come si usa dire negli esami della nostra ex-maturità. Ricordiamo che in Australia, Canada, Finlandia, Giappone e Nuova Zelanda almeno 1 studente su 7 ha raggiunto uno dei due livelli superiori, mentre in Grecia, Italia, Messico, Portogallo, Spagna e Turchia ci si ferma a 1 su 20. Del resto è stato più volte osservato che il giudizio penalizzante per l’Italia nasce dalla scarsità di questi studenti o addirittura dalle loro assenza in intere zone del Paese.
OCSE in generale privilegia temi concernenti l’equità più che l’eccellenza; in questo caso l’attenzione sui Top Performers si spiega con la necessità da parte delle società occidentali di incrementare gli studi universitari dei propri giovani nel campo della scienza e perciò di cercare le motivazioni che possono spingere gli eccellenti ad intraprendere quella strada.
Lo stesso Rapporto sintetizza le conclusioni cui i dati a disposizione sembrano portare:
1. raggiungere l’eccellenza non è solo una questione di abilità innate e può anche avere relazione con le specifiche aree di competenza indagate. In media nei Paesi OCSE il 18% gli studenti risulta eccellente in almeno una delle tre aree indagate (Lettura, Matematica e Scienze), ma solo il 4% lo è in tutte e tre le aree di competenza;
2. un background socioculturale svantaggiato non è una barriera insormontabile per raggiungere l’eccellenza. In un paese tipico dell’OCSE circa un quarto degli eccellenti proviene da famiglia di livello socioeconomico inferiore a quello della media del loro paese. Alcuni Paesi come Giappone, Finlandia, Austria e, fra i Paesi non OCSE, Macao e Hong-Kong fanno anche meglio, perché fra i loro giovani questa percentuale raggiunge un terzo del totale;
3. maschi e femmine non si differenziano molto nella proporzione degli eccellenti in tutte le aree (rispettivamente il 3.9% ed il 4.1%) o in almeno in una (rispettivamente il 18.6% ed il 17.3%). Ma la media nasconde profonde differenze che si compensano: i maschi sopravanzano le femmine del doppio in Matematica e le femmine del triplo i maschi in Lettura, mentre i due generi si equivalgono in Scienze.
4. gli eccellenti tendono ad essere studenti autoctoni che parlano a casa la lingua del paese; in testa in questa tendenza sono Germania, Olanda e Slovenia: Non mancano in alcuni Paesi studenti eccellenti provenienti da famiglie immigrate o appartenenti a minoranze linguistiche.
5. gli eccellenti generalmente frequentano scuole caratterizzate da alte performance e buon background sociale. Molte di queste scuole sono private, ma la differenza con le scuole pubbliche diminuisce o addirittura svanisce, se i risultati vengono depurati da questo contesto sociale e culturale favorevole.
6. gli eccellenti in generale frequentano scuole che seguono alcune politiche quali la selezione sulla base dei risultati scolastici, l’organizzazione della didattica che non prevede gruppi di livello per ogni materia (eventualmente solo per quelle del core curriculum), la pubblicizzazione dei risultati di apprendimento degli studenti (che – attenzione – non sono i tabelloni dei voti, ma i risultati delle prove standardizzate esterne).
7. per quanto riguarda le modalità di apprendimento, gli eccellenti seguono più ore di scienze nel piano studi ordinario, ma meno nelle attività aggiuntive; il che si spiega con il fatto che queste hanno dappertutto una funzione di recupero più che di approfondimento. Essi però dichiarano di essere coinvolti in attività che riguardano le scienze fuori di scuola (club di scienze, lettura di riviste e libri, visita di siti, visione ed ascolto di programmi). Essi inoltre dichiarano interesse e piacere dallo studio delle scienze.
8. le alte motivazioni di questo tipo di studenti sono prima di tutto relative all’utilità di tali studi (81%) anche ai fini di carriera (76%) e solo per il 70% sono collegate a studi successivi. Questo conferma che nelle aree matematiche e scientifiche questo tipo di motivazione (chiamata “strumentale”) è più efficace di quello del piacere dell’apprendimento, che prevale invece in Lettura.
9. l’eccellenza in scienze è correlata solo in modo debole con la media degli apprendimenti nei diversi paesi. La stessa percentuale di eccellenti può convivere con alte percentuali di studenti scarsi, oppure con una distribuzione più equa degli apprendimenti. Questa importante constatazione separa in modo significativo il tema dell’equità da quello dell’eccellenza e consegna nelle mani dei decisori il problema delle priorità da scegliere.
10. questo tipo di studente dimostra anche un alto livello di autoconfidenza relativo alle capacità di ottenere buoni risultati in questo campo. Ma, a dimostrazione della fondatezza delle preoccupazione di OCSE riferite all’inizio, in molti Paesi ci sono gli eccellenti, ma non sono interessati a carriere scientifiche. La conclusione del Rapporto è che è necessario potenziare gli stimoli extrascolastici rinforzando la cosiddetta motivazione strumentale, se si vuole tenere il passo con gli studenti dell’East Asia che non mancano certo di questo tipo di motivazione.
Occorrerà approfondire le caratteristiche particolari dei (pochi) eccellenti italiani rispetto a questo quadro generale, anche per orientare le politiche relative alla loro auspicabile moltiplicazione.